Intervista a Maurizio Nesti, che si è speso per consentire l’arrivo in Italia di un ragazzo di Mosul per un difficile intervento salvavita

Un’amicizia senza confini per il piccolo Hussein

Il piccolo Hussein ce l’ha fatta. Lunedì, all’Istituto “Gaslini” di Genova, il dodicenne iracheno, la cui vicenda è stata diffusa sui social, quindi ripresa dai media modenesi, ha subito una complessa operazione cardiaca che gli consentirà di tornare a sorridere alla vita. Abbiamo contattato la sera stessa l’ingegnere Maurizio Nesti, originario di Pievepelago, che ha reso possibile l’arrivo in Italia del ragazzo dodicenne e il complicato intervento chirurgico.

Ingegner Nesti, l’operazione al Gaslini è appena terminata, ci può dire qualcosa?

É un’emozione incredibile: dopo otto ore e mezzo di intervento, finalmente tutto è andato a buon fine e Hussein e i suoi cari possono tornare a sperare. I medici, in Iraq, gli avevano dato tre mesi di vita per un grave problema cardiaco.

Come ha avuto origine il suo impegno per Hussein?

Nel 2016 ho lavorato come ingegnere alla diga di Mosul, quella protetta dai miliari italiani. Hussein è figlio di uno degli operai iracheni e stava nel campo che li ospita. Siamo diventati amici. Addirittura lo avevano qualificato mio «assistente personale». É un ragazzo meraviglioso, che ha dovuto combattere tante battaglie nella sua giovanissima vita. Sono rimasto in contatto con la sua famiglia e, quando ho saputo che doveva affrontare l’ennesimo intervento, mi sono detto che occorreva aiutarlo.

Quella di oggi non è la prima operazione, quindi?

No, ne ha subite altre due in passato, una in Iraq e una in Turchia. Non sono bastate. Inizialmente ci avevano detto che stavolta Hussein poteva essere operato in patria, poi si è scoperto che mancavano le competenze necessarie. Allora mi sono messo in contatto con il «Gaslini» di Genova, dove ho conosciuto il dottor Nuri, un luminare della cardiochirurgia infantile, curdo iracheno, che ci ha aiutati a richiedere il visto per Hussein.

Un’iniziativa non facile, anche dal punto di vista burocratico…

Già: pensi che avevamo pronti i biglietti per un volo che faceva scalo in Austria, ma il visto che abbiamo ottenuto era valido solo per entrare in Italia, senza transitare per altri scali europei. Abbiamo dovuto trovare un’altra soluzione con una tappa intermedia in Turchia. E poi, per ottenerlo, abbiamo dovuto pagare i costi dell’operazione anticipatamente: circa 19.700 euro. Il tutto con l’ansia di una corsa contro il tempo. Finalmente, il 7 dicembre è arrivato a Milano.

Come avete fatto a raccogliere i fondi necessari?

Li stiamo tuttora raccogliendo, con due canali: uno è il sito www.gofoundme.com, con l’hashtag #ilmioamicohussein; l’altro è l’associazione «Bambininsieme » di Pievepelago. Non abbiamo ancora coperto le spese, ma l’importante è che da oggi Hussein può tornare a vivere.