Si può fare? giovani cittadini crescomo

 
Si può fare è il progetto della Caritas diocesana nato per coinvolgere in una esperienza di volontariato i giovani delle scuole superiori modenesi. Un’occasione di incontro con temi quali
povertà, solidarietà e responsabilità, nell’incontro con le realtà che operano sul territorio. Dalla riflessione personale all’impegno nei centri operativi per un arco di tempo medio-lungo: i giovani possono quindi costruire una relazione significativa con persone diverse da sé, e attraverso questa relazione gli studenti possono imparare a rapportarsi a partire dai bisogni dell’altro, possono conoscere meglio se stessi, i propri limiti e risorse, darsi nuovi criteri e priorità per le proprie scelte. Inoltre si propone un’esperienza di educazione alla cittadinanza, che può stimolare ad una partecipazione più attenta e consapevole alla vita della comunità.
La scorsa settimana si è svolto il convegno degli studenti che aderiscono al progetto, formazione e confronto con la guida di Fabrizio Cavalletti, di Caritas Italiana: una parte di formazione, l’altra di confronto, attraverso il lavoro di gruppo, di riflessione sulla propria esperienza, sui valori in gioco, i problemi incontrati ed i riscontri nella vita quotidiana.
L’esperienza fa parte del POF di alcune scuole superiori della città, 150 sono i giovani che partecipano, anche se è sempre più complesso, come testimoniano le insegnanti di religione coinvolte, ricordare che il progetto non riguarda solo la loro materia, ma l’educazione alla cittadinanza attiva degli allievi.
Anna Lisa, 16 anni, studentessa del Selmi, partecipa al progetto per il secondo anno: ‘Abbiamo incontrato la Caritas di Torino, osservando tutti i progetti, poi abbiamo iniziato la formazione. Per me è stata la prima esperienza di incontro e formazione su questi temi. Poi a Modena abbiamo potuto portare tutto questo nel quotidiano. Al servizio, in due centri, la Barca e casa San Lazzaro, segue sempre lo scambio. Non nascondo che il primo impatto non è stato semplice, la povertà di cui spesso si parla non è quella reale, che le persone vivono: alla povertà economica si somma quella esistenziale, di relazione, il bisogno di attenzione che si unisce ai problemi oggettivi. E ho potuto comprendere quale ricchezza si nasconde dentro ad alcune persone, che altri considererebbero svantaggiate, il loro sorriso, il loro grazie. Ho imparato la diversità, e come incontrarla. E l’esperienza per me è positiva, è una buona idea proporla a chi ha la mia età: ti apre lo sguardo sulla realtà, ti arricchisce nel profondo; vederla solo come un aiuto all’altro è riduttivo’.
Stefania, 18 anni, anche lei studentessa al Selmi, ci racconta un cambio di prospettiva: ‘Sono partita pensando di dover aiutare e basta, di mettermi a disposizione per dare, ma dopo due anni di esperienza posso confermare che è uno scambio e si riceve anche molto. Io mi occupo di doposcuola, aiutando i ragazzini nei compiti: stare con loro ha creato una relazione di confidenza,, a metà tra ascolto e severità, e non è facile trovare la misura giusta, ma ne vale la pena, è un’esperienza che consiglierei.’.
Preparazione, realizzazione ed accompagnamento, valutazione le fasi del progetto, con operatori Caritas ed insegnati accanto ai giovani. Fabrizio Cavalletti, di Caritas Italiana, per la quale si occupa dell’Area Internazionale, Africa, Asia, Oceania, ha offerto ai giovani presenti la riflessione sul volontariato come palestra per vivere in ogni contesto i valori che hanno scelto per la propria vita.
‘Il percorso di questi giovani è un’esperienza positiva, che consente di attivare un processo di incontro con persone vere, progetti del territorio in cui vivono, che rispondono ai bisogni con costanza. Il progetto lega la povertà alla partecipazione, il percorso e la formazione, mettendo in campo un grande potenziale educativo. I giovani sperimentano infatti il decentramento, la capacità di spostare l’attenzione sui bisogni degli altri, ma in maniera protetta, con un contributo attivo. Sperimentano che tutti possono fare qualcosa: ‘Si può fare’ è lo slogan del progetto, ma è la verità: alimenta un cambiamento possibile di cui i giovani sono protagonisti. Gli adolescenti sono disposti ad un impegno di questo tipo, forse più oggi che qualche anno fa, e questi incontri li rendono cittadini attivi, sono fonte di scelte   come il servizio civile, le diverse forme di impegno politico, malviste anni fa e oggi di nuovo in auge. La scuola è un canale di acceso significativo per questa esperienza, per sostenere i più giovani nel loro aprire gli occhi sulle cose’.