Quelli sospesi: dossier Caritas Emilia Romagna

 
 
Un lavoro di grande impegno: i dati delle 15 Caritas diocesane dell’Emilia Romagna raccolti, elaborati e presentati nel corso di un incontro; non solo numeri, ma la definizione di un ritratto della Caritas nella nostra regione, la sua presenza, i criteri di vicinanza, percorrendo tre filoni principali, la crisi economica, l’accoglienza dei profughi dal Nord Africa, il terremoto.
‘In questa edizione de dossier, la quarta ‘ ha precisato Gianmarco Marzocchini, Delegato Regionale Caritas Emilia Romagna ‘ sono aumentate le variabili condivise tra tutte le diocesi, la trasversalità è maggiore e questo garantisce la qualità dei dati offerti. A questo aggiungiamo anche la realizzazione di tre filmati, uno per ciascun tema conduttore,  pensati per la diffusione del dossier nelle diocesi. Ai numeri si accostano inoltre una serie di approfondimenti, con la raccolta di proposte, esperienze realizzate e buone pratiche, secondo il metodo della Caritas, quello della prossimità’.
 
Crisi
 
Simona Melli, del Centro Ferrari di Modena, ha scelto l’immagine dei discepoli di Emmaus di Caravaggio per definire il modo in cui sono stati raccolti ed elaborati i dati: un pellegrino rappresenta l’uomo che si arrende, non ha più strumenti, Gesù incontra le persone a tavola e non assume la posizione di ci insegna, ma di chi indica una strada, con tenerezza. il terzo pellegrino si sta alzando, l’intervento di Gesù ha mosso qualcosa in lui. ‘Ci piace pensare ‘ ha aggiunto Simona ‘ che le persone che vengono alla Caritas se ne vadano rinfrancate, perché il metod della Caritas riattiva la speranza’.
La prima lettura di numeri viene dai dati Istat di luglio  2012 nell’analisi della povertà: assoluta, relativa o legata ad uno stato di deprivazione, essa tocca sempre più gli italiani.
La povertà assoluta, non legata al redito ma all’accesso a beni e servizi considerati necessari per una vita dignitosa, nel 2009 nel nord Italia toccava 425 mila famiglie, nel 2012 677 mila, circa 1.780 mila individui. Le famiglie più vulnerabili sono quelle numerose, monogenitoriali, anche con un reddito.
La povertà relativa, legata al reddito, per la quale il contesto è determinante, è passata dal coinvolgere 597 mila famiglie a 760 mila.
L’indicatore sintetico di deprivazione, fondato su 9 domande, colloca le famiglie in uno stato di deprivazione se almeno tre bisogni non sono soddisfatti
 
 
Il dato che se ne ricava è che la povertà seria è in aumento in modo netto e misurabile: lo leggiamo anche dal numero di persone che si rivolgono al Centro d’Ascolto diocesano. ‘Solo tre diocesi ‘ precisa ancora Melli ‘ portano numeri in calo, ma sono quelle che hanno scelto di dare vita a centri parrocchiali o vicariali, non concentrando l’accoglienza in un solo punto. Altro dato che emerge è la ricorsività, dovuto a uno stato di bisogno pesante e non risolto’.
Nel 2012 in regione 19.921 persone si sono rivolte ai Centri d’ascolto, con numerosi ritorni, dovuti a situazioni gravi, alla ricerca di conforto: le possibilità di uscita dalla povertà, anche per la crisi, sono sempre minori. TABELLA PAG 25
E’ aumentata la percentuale di donne, che indica anche un maggiore radicamento delle famiglie sul territorio, sono aumentate le badanti che rimangono senza anziani da assistere, perché le famiglie, anche per la perdita di lavoro, si auto organizzano. le donne sole con minori sono la parte più fragile della popolazione.
Ai centri si rivolgono stranieri per il 70%, anche se il numero di italiani è in costante aumento, per la bassa soglia di accesso, la mancanza di reti familiari e perché, comunque, le attese degli stranieri restano più basse.
Diminuiscono gi irregolari, aumentano i rimpatri volontari, come conseguenza del fallimento di un progetto migratorio; aumentano gli adulti: la fascia di età 35/54 anni, quella della piena occupazione, è ora la più esposta. I giovani sono in percentuale minore, ma la loro situazione è drammatica perché l’assenza di lavoro non consente loro un progetto di vita stabile. Gli anziani hanno necessità di supporto dopo l’uscita dal lavoro.
Malattie improvvise, famiglie monoreddito o numerose sono quelle dalla maggiore vulnerabilità e l stato di bisogno accresce le tensioni familiari, specie se on ci sono reti a cui rivolgersi. Tra gli stranieri diminuiscono i ricongiungimenti, perché l’Italia non è più appetibile per la migrazione. Spesso inoltre le persone sole hanno comunque il peso di una famiglia lontana. Il lavoro non basta più: il 16% di chi si rivolge alla Caritas ha comunque un reddito minimo.
Nella nostra regione ci sono 3557 persone senza abitazione, che significa senza u luogo di relazioni, perché l’abitazione non è solo riparo, ma vita stessa. In questo numero, aumentano le donne. E crescono anche le difficoltà nel mantenere i costi della casa: gli sfratti per morosità sono in grande aumento.
 
La povertà è multidimensionale, coinvolge il lavoro, la casa, la solitudine; aumenta la richiesta di beni primari, le persone tornano, anche a distanza di 5 anni e più.
 
Emergenza Nordafrica
 
Dal video, che racconta l’esperienza della Diocesi di Faenza, quella che ha accolto in regione il maggior numero di profughi, e le forme di integrazione e condivisione qui realizzate, all’intervento di Damiano Cavina, che ha descritto i passaggi dell’emergenza, dal coinvolgimento della Caritas da parte della Protezione Civile nel febbraio 2011 alla definizione delle aree di provenienza dei profughi. Oltre 2000 le persone accolte in regione, con l’immediata consapevolezza dei vuoti burocratici e legislativi ‘ nel riconoscimento dei diversi status e nell’iscrizione al’anagrafe – che non hanno permesso la realizzazione di progetti di autonomia ed emancipazione attraverso il lavoro. Le Commissioni territoriali a cui era affidato il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale infatti sono state subissate dal lavoro. Questo il maggiore punto di criticità, che ha bloccato le persone in un limbo di lunghi mesi, insieme all’impostazione assistenzialista e quindi allo stato di incertezza a cui molti sono stati costretti. Gli aspetti positivi emersi dai progetti realizzati sono legati alla valorizzazione dei talenti di ciascuna persona accolta, alla realizzazione di progetti personalizzati ed alla rete di volontari mobilitata.
Per il futuro, l’esperienza maturata nella nostra regione porta a chiedere accordi europei sullo status di chi chiede rifugio, la cessazione dei respingimenti, il potenziamento delle commissioni territoriali e il poter fare riferimento per le fasi successive al tribunale del luogo dove si risiede, insieme alla creazione di un Tavolo e di coordinamenti diocesani, regionali e nazionali sul tema. E’ necessaria infine l’educazione alla mondialità nella Chiesa e nella società civile.
 
Terremoto
 
Per quanto riguarda il terremoto, ancora si è scelto di evidenziare le buone prassi insieme all’intervento di tre esperti, all’interno del dossier, uno psicologo, che ha vissuto l’esperienza del sostegno volontario, Luigi Tagliabue, e di due sacerdoti, il nostro don Giorgio Palmieri e don Francesco Scimè. Al primo il compito di analizzare la paura ed i suoi effetti, ai sacerdoti quello di evidenziare come la comunità sia stata e sia ancora oggi il luogo privilegiato per superare le difficoltà e ripartire.
I gemellaggi, istituzionali e spontanei, il coordinamento tra le associazioni e le altre buone prassi sono stati narrati come stimolo e volano positivo.
 
La crisi
 
 
Numerose ed interessanti le esperienze raccontate attraverso il video nella realizzazione di un’economia di prossimità come risposta della Caritas agli effetti della crisi: il fallimento dell’economia dell’autosufficienza è sotto i nostri occhi, la soluzione sta nelle relazioni.
La scelta di presentare anche qui le buone prassi va nella direzione della replicabilità e della condivisione di quanto realizzato da qualcuno.
 
In sintesi
Nonostante le cose belle raccolte, la povertà è in aumento, come la complessità delle situazioni. Mantenere l’identità della Caritas significa non entrare in concorrenza con altre realtà assistenziali, ma aumentare la collaborazione: lavorare insieme infatti è sempre più una necessità, con una strategia di welfare che si fondi sul valore delle relazioni. E’ necessario puntare sulla famiglia, non edersi, andare nelle case, condividere, investire sulla professionalità e sulle motivazioni di chi opera, nella consapevolezza che la ricchezza della Caritas restano comunque le persone.