Storie di vocazione che hanno trovato la loro meta ad oltre 9mila chilometri di distanza. La messa missionaria di maggio ha visto una doppia testimonianza alla chiesa di Cognento: quella di Maria Soave Buscemi, missionaria laica e biblista, da quasi 30 anni in Brasile, e Arianna Baccarini, rientrata da tre mesi di missione a San Paolo, in una scuola di bambini sordomuti: <Sono stata fortunata – ha spiegato Arianna – perché sono arrivata a San Paolo in un momento in cui c’era bisogno di me. Questo mi ha spinta a donarmi in pieno, in tre mesi mi sono spesa totalmente. Questo per me è missione: donarsi. Io sono consapevole di aver conosciuto solo un frammento del Brasile, San Paolo e Tocantins, ma a casa mi porto il calore delle persone e i legami>. <Io e Arianna – racconta Maria Soave Buscemi – abbiamo una cosa in comune: anche io tra i 22 e i 23 anni sono arrivata in Brasile. Ora come allora ci vuole una bella dose di coraggio, di mistero e di vocazione. La vocazione non è prerogativa dei religiosi, anche i laici ce l’hanno, e significa rispondere alla vita, al battesimo, vivere con un profondo senso e alla fine dire: “ne è valsa la pena”>.
Arianna ha raccolto il testimone e spiegato perché è importante partire senza preconcetti e con lo “zaino vuoto”: <In questi tre mesi in Brasile ho imparato molto più io di quanto sia riuscita ad insegnare, e ho capito quanto sia importante essere pronti a mettersi totalmente in gioco. Se ripenso alla mia esperienza di missione – risponde Arianna – è valsa la pena scoprire cos’è la pienezza e l’amore che ruota attorno, e capire cosa riempie veramente il cuore>. <Quando partiamo per la missione – ha precisato la biblista – siamo intrisi di una certa arroganza, pensiamo che porteremo sapere, fede, a volte soldi, difficilmente pensiamo che qualcuno ci potrà dare qualcosa di essenziale. Invece dove è stata Arianna, nel Tocantins, c’è un’erba speciale, dorata, bella ma inutile, e quindi essenziale, con cui i popoli indigeni fanno gioielli. Qui sta la bellezza, nell’inutilità e nella fragilità. L’oro degli anelli nuziali è un materiale arrogante, che dura per sempre, il nostro simbolo è invece l’anello di tucum, che ha bisogno di tanto tempo per essere lavorato e che si spezza, è una fedeltà che deve essere rinnovata ogni giorno>.