Pubblichiamo integralmente il Decreto Pastorale dell'Arcivescovo, Mons. Erio Castellucci, riguardante la riorganizzazione delle parrocchie

Parrocchie a servizio del popolo di Dio nel territorio

Decreto pastorale

I. CRITERI CHE HANNO GUIDATO LA RIFLESSIONE

Nel novembre 2015 venne avviato nell’Arcidiocesi un processo di riflessione sul rapporto tra territorio, presbiteri, ministri e popolo di Dio. Emersero fin dall’inizio tre aspetti che hanno offerto i criteri per la verifica: teologico-pastorale, giuridico-canonico ed economico-gestionale.

1) Aspetto teologico-pastorale

La parrocchia è una comunità di persone, normalmente appartenenti ad un territorio delimitato, che si caratterizza per l’esperienza ecclesiale, ossia l’ascolto e la comunicazione della parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti e dell’eucaristica e le relazioni fraterne. Le strutture sono al servizio della vita ecclesiale: per questo si plasmano sulla reale consistenza delle comunità cristiane e possono riformarsi e accorparsi o sorgerne di nuove.

Tra le 243 parrocchie della diocesi, ne risultavano 30 al sotto dei 100 abitanti e 7 al di sopra dei 10.000, due delle quali arrivavano quasi a 20.000. Vi erano poi molte altre parrocchie nella fascia che va dai 100 ai 500 abitanti, con alcune sotto il centinaio, e alcune dai 5.000 ai 10.000. I numeri non sono decisivi nelle valutazioni pastorali, ma danno comunque l’idea di una situazione variegata e richiedono delle riflessioni. La Chiesa ha infatti sempre plasmato l’attività pastorale e le relative strutture sulla situazione del popolo di Dio, che registra negli ultimi decenni una grande mobilità, lo spopolamento di molti piccoli centri montani e nuovi addensamenti urbani.

La cura pastorale della Chiesa non può discriminare le piccole comunità; proprio per questo non sarebbe adeguata se mirasse unicamente ad assicurare un “servizio religioso” domenicale o saltuario. Una parrocchia necessita non solo della celebrazione liturgica, ma anche di una vita di relazioni, di evangelizzazione e catechesi, di servizio e carità. La liturgia è “fonte e culmine” della vita cristiana, come afferma il Concilio Vaticano II: perciò la liturgia suppone il resto della vita comunitaria. Occorre quindi anche un “numero minimo” di persone perché la parrocchia sia davvero una comunità di fedeli che cresce attorno alla parola di Dio, alla liturgia e alla testimonianza della carità.

In questi tre anni e mezzo sono stati individuati dei “centri” attorno ai quali costruire o far convergere la vita pastorale, valorizzando nello stesso tempo le comunità più piccole. I criteri seguiti sono stati:

a) Studiare i luoghi dove già convergono le attività e strutture civili del territorio (scuole, luoghi di lavoro, negozi, luoghi di ritrovo, uffici, ospedali, sport, servizi amministrativi) e ripensare eventualmente, in relazione a questi, le convergenze ecclesiali sul territorio; ormai gli spostamenti sono facilitati sia per la diffusione dei mezzi di trasporto sia per l’ampliamento della viabilità.

b) Riflettere sui tentativi eventualmente già fatti per unire insieme le parrocchie (diversi modelli: collaborazione, unità pastorale, fusione…) e verificare caso per caso la possibilità di accorpare parrocchie e/o costituire unità pastorali.

c) Individuare la “vocazione” specifica di piccole parrocchie, tenendo conto anche delle strutture di cui sono dotate e della posizione in cui si trovano (es.: area verde, campo sportivo, attrezzature, canonica agibile o meno, teatrini, altri spazi interni ed esterni).

d) Verificare la situazione delle canoniche più grandi in ordine alla possibilità di ospitare delle piccole comunità di presbiteri a servizio dinamico del territorio: può trattarsi di coabitazione tra parroci e/o coadiutori e collaboratori di diverse parrocchie vicine o tra presbiteri impegnati nella stessa unità pastorale; la vita comune del clero, pur non potendosi configurare come obbligo – deve quindi essere scelta o accolta dagli stessi presbiteri – è ritenuta positiva dal magistero della Chiesa, raccomandata dal can. 280 del CIC, opportuna come esperienza di sostegno umano, comunicazione di fede e coordinamento pastorale.

e) Esprimersi sulla possibilità, in determinati luoghi, che i presbiteri anziani in grado di svolgere un ministero – siano stati o meno parroci in quel territorio – possano coabitare o collaborare con altri presbiteri più giovani.

f) Verificare la “liturgia in attesa di presbitero”, là dove viene celebrata, tenendo presente sia la centralità della celebrazione eucaristica per una comunità cristiana, sia la natura del diaconato legata all’animazione del servizio ai poveri e non della sola liturgia. Le “liturgie della parola in attesa di presbitero” dovrebbero essere forme straordinarie e non diventare dei surrogati alla celebrazione eucaristica: è il sacrificio eucaristico che costituisce la “forma piena” della comunità cristiana (cf. Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, Radunati nel Giorno del Signore, del 9 gennaio 2017).

2) Aspetto giuridico-canonico

La parrocchia, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, è dotata di personalità giuridica pubblica. Il can. 532 dispone che: “il parroco rappresenta la parrocchia in tutti i negozi giuridici”. Tale rappresentanza, pur esercitata sotto l’autorità del vescovo diocesano e “con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l’apporto dei fedeli laici” (can. 519) è, per il parroco:

  • responsabilità personale (cf. can. 1289);
  • responsabilità diretta (cf. can. 1279);
  • responsabilità globale.

Il parroco, che agisce come uomo pubblico, è tenuto a conoscere le leggi e le norme del diritto civile e del diritto canonico.

Qualora un sacerdote sia parroco di diverse parrocchie, rappresenta ciascuna di esse singolarmente e dovrà amministrarle distintamente l’una dall’altra. Pertanto deve essere costituito per ogni singola parrocchia:

  • il Consiglio pastorale parrocchiale (vedi gli Statuti vigenti dell’Arcidiocesi, a norma del can. 536):
  • il Consiglio per gli Affari economici (cf. can. 537).

Il parroco, con la collaborazione del Consiglio per gli Affari economici, è tenuto per ciascuna parrocchia a lui affidata a:

  • predisporre un bilancio annuale, patrimoniale ed economico;
  • amministrarle singolarmente: contabilità distinte, c/c bancari separati, codice fiscale, eventuali assicurazioni intestate alle singole parrocchie, registri dei sacramenti, sigillo parrocchiale e così via.

In base alla “Nuova normativa europea relativa alla privacy”, in vigore dal 25 maggio 2018, il parroco, in quanto titolare dell’ente parrocchia, deve nominare l’Incaricato del trattamento dei dati personali.

Sono evidenti i vantaggi di una fusione di parrocchie, laddove possibile e opportuno: un solo codice fiscale, un solo Consiglio pastorale parrocchiale, un solo Consiglio per gli Affari economici, un solo c/c bancario dovendo comunque mantenere distinte, come sotto-conti, le amministrazioni delle contabilità precedenti. Anche i registri per i diversi sacramenti (battesimo, cresima, matrimonio e funerale) saranno unici e unico il sigillo (cf. can. 535).

Si può ricordare che già l’Arcivescovo Bartolomeo Santo Quadri, nel “Regolamento parrocchiale in materia amministrativa” del 24 giugno 1992, al n. 5 del cap. II (“La rappresentanza legale”), data “la situazione concreta di sempre minore consistenza di molte entità parrocchiali raggruppate sotto la guida di un unico parroco”, auspicava di giungere in questi casi alla “fusione in un’unica entità giuridica”.

L’unione di diverse parrocchie favorisce lo snellimento burocratico, a vantaggio soprattutto dei parroci, liberando risorse mentali e spirituali per la pastorale. Inoltre rappresenta un incentivo per il popolo di Dio a trovare maggiori occasioni di convergenza: quando si formano un unico Consiglio pastorale e un unico Consiglio economico, pur rispettando la rappresentatività delle ex-parrocchie precedenti, si favorisce certamente la collaborazione, la convergenza nell’elaborazione di progetti a vantaggio di tutti e il superamento di inutili e anacronistici particolarismi.

3) Aspetto economico-gestionale

Alla luce di quanto esposto nelle due ultime Lettere Pastorali e in seguito al lavoro intrapreso, finalizzato ad una “semplificazionedelle nostre parrocchie, risulta fondamentale una riflessione sul patrimonio immobiliare” esistente e sul suo utilizzo. Per questa verifica, da portare avanti costantemente nelle parrocchie, occorre tenere presenti alcuni criteri che valgono non solo per i beni immobili ma, più in generale, per la gestione delle risorse materiali nella Chiesa.

a) Deve essere sempre chiara la provenienza dei beni, siano essi mobili o immobili: denaro o strutture di provenienza equivoca o manifestamente illegale, rimangono sempre “sporchi” anche quando sono donati “a fin di bene”, e quindi vanno rifiutati.

b) Occorre essere sempre attenti all’uso pastorale del denaro e delle strutture, ossia alla loro rispondenza – diretta o indiretta – alle finalità dell’evangelizzazione, del culto e della carità. Per il sostentamento del clero, invece, esiste l’Istituto Diocesano apposito, che ha una amministrazione e una gestione autonoma, coordinata però insieme a tutta la diocesi. Questa dimensione pastorale comporta l’obbligo della trasparenza, rendendo pubblici i bilanci a qualunque livello; e comporta il dovere di evitare lo spreco e il lusso, che di per sé costituiscono una contro-testimonianza.

c) Occorre muoversi, nella gestione dei beni, dentro le leggi dello Stato, senza alcuna deroga motivata da qualsivoglia buona intenzione. Se si deve scegliere, è meglio chiudere una struttura o rinunciare ad una somma di denaro, piuttosto che favorire dei procedimenti illegali o sospetti.

Notizie di cronaca e il “sentire comune” identificano la Chiesa, come proprietaria di un ingente patrimonio immobiliare. È chiaro che si tende a considerare indistintamente enti diversi – Arcidiocesi, parrocchie, ordini religiosi, Fondazioni, Opere Pie, Istituto Diocesano Sostentamento Clero, ecc. – senza fare distinzioni di utilizzo e di vincoli eventuali. Ed è ugualmente evidente, per chi conosce la realtà, che molte strutture e opere sono in realtà portate avanti “in perdita” economica.

Il lavoro che verrà proposto a ciascuna parrocchia, seguito da un organismo diocesano opportunamente nominato e sarà attivo dall’autunno 2019, prevede le seguenti tappe:

  1. Censimento del patrimonio immobiliare esistente con allegata documentazione (atto di provenienza, visura catastale). Per ciascun immobile si richiederà la compilazione di una scheda (che verrà fornita) nella quale verrà indicato lo stato manutentivo dell’immobile e il suo utilizzo.
  2. Individuazione degli edifici utilizzati per attività pastorali, di culto e per opere caritatevoli indispensabili alla vita della parrocchia. Anche in questo caso sarà utile una valutazione sullo stato manutentivo e sui costi di gestione. In particolare per centri sportivi, sale riunioni, sedi Caritas, palestre, scuole è fondamentale effettuare una verifica a livello di Unità Pastorale e di Vicariato, al fine di evitare “doppie strutture” a poca distanza tra loro.
  3. Elenco di tutte le proprietà immobiliari non utilizzate per attività della parrocchia: sfitte, abbandonate o comunque non idonee alle attività pastorali. Sarà effettuata la raccolta della documentazione necessaria (atto di provenienza o eventuali vincoli derivanti da donazioni/lasciti). In questo elenco dovranno essere compresi anche i terreni (con qualsiasi destinazione) non facenti parte dei complessi immobiliari utilizzati dalla parrocchia.
  4. Andranno esaminate eventuali proposte per valorizzazione dei beni sfitti e non utilizzati: alienazione, locazione o comodato gratuito per attività comunque in collegamento con la parrocchia (società sportive, associazioni, opere di accoglienza e carità).

 

II. DECISIONI, ORIENTAMENTI, PROPOSTE E AUSPICI

Dopo avere esaminato la situazione complessiva, a seguito di riflessioni svoltesi nelle parrocchie, nei vicariati e negli organismi diocesani – Consiglio episcopale presbiterale, pastorale – e nelle riunioni dei vicari delle zone pastorali, si registrano ad oggi quattro diverse situazioni: 1) parrocchie già accorpate; 2) parrocchie di cui è stato deciso l’accorpamento; 3) parrocchie il cui accorpamento è previsto all’avvicendamento del parroco; 4) parrocchie di cui si auspica un futuro accorpamento.

1) Parrocchie già accorpate

Vicariato cittadino “Centro Storico”. Le parrocchie di S. Barnaba e S. Agostino sono state accorpate con decreto del 1 agosto 2018 e hanno dato origine alla parrocchia di S. Agostino-S. Barnaba.

La parrocchia di S. Maria Assunta nella Metropolitana (“parrocchia del Duomo”) è stata soppressa con decreto del 5 gennaio 2019; il territorio è stato diviso tra le altre parrocchie del Centro storico.

Le parrocchie di S. Giuseppe e S. Biagio Vescovo Martire sono state accorpate con decreto del 1 giugno 2019 e, integrando una parte della parrocchia del Duomo, hanno dato origine alla parrocchia di S. Giuseppe-S. Biagio.

2) Parrocchie di cui è stato deciso l’accorpamento

Vicariato cittadino “Centro Storico”. Le parrocchie di S. Pietro Apostolo e S. Francesco d’Assisi saranno accorpate e, integrando una parte della parrocchia del Duomo, daranno origine alla parrocchia di S. Francesco-S. Pietro.

Vicariato del Dragone. Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Frassinoro” – Cargedolo, Frassinoro, Lago, Piandelagotti, Riccovolto e Sassatella – saranno accorpate e daranno origine alla parrocchia unica di Frassinoro, per la quale verrà decisa la nuova denominazione.

Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Montefiorino” – Casola, Farneta, Gusciola, Montefiorino, Rubbiano e Vitriola – saranno accorpate e daranno origine alla parrocchia unica di Montefiorino, per la quale verrà decisa la nuova denominazione.

Vicariato della Bassa. Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Camposanto” – Camposanto e Cadecoppi – saranno accorpate e daranno origine alla parrocchia unica di Camposanto, per la quale verrà decisa la nuova denominazione.

Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Cavezzo” – Cavezzo, Disvetro e Motta – saranno accorpate e daranno origine alla parrocchia unica di Cavezzo, per la quale verrà decisa la nuova denominazione.

Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Medolla” – Camurana, Medolla, Villafranca – saranno accorpate e daranno origine alla parrocchia unica di Medolla, per la quale verrà decisa la nuova denominazione.

Le parrocchie dell’Unità Pastorale “S. Prospero” – S. Prospero, S. Lorenzo della Pioppa, S. Pietro in Elda e Staggia – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato della Pedemontana Est. Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Spilamberto” – S. Adriano III Papa e S. Giovanni Battista – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato della Pedemontana Ovest. Le parrocchie dell’Unità Pastorale “Maranello” –Maranello e Fogliano – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato di Campogalliano – Nonantola – Soliera. Le parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Campogalliano” – Campogalliano e Saliceto Buzzalino – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato di Pavullo nel Frignano. Le parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Pavullo Sud” – Sassoguidano e Verica – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Le parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Pavullo Nord” – Camurana e Benedello – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Le parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Pavullo Centro” – Pavullo n/F e Monteobizzo – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Le parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Polinago” – S. Martino Vallata e Cassano – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Le parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Lama Mocogno” – Cadignano e Mocogno – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

3) Parrocchie il cui accorpamento è previsto all’avvicendamento del parroco

Vicariato cittadino “Crocetta – S. Lazzaro”. Le due parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Crocetta” – S. Anna ai Torrazzi e S. Matteo – saranno accorpate, rispettivamente alla parrocchia SS. Crocifisso e Albareto.

Vicariato cittadino “S. Agnese”. Le due parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “S. Agnese” – Collegarola e S. Donnino Nizzola – saranno accorpate alla parrocchia Collegara – S. Damaso e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato della Bassa. Le due parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Finale” – Finale Emilia e Reno Finalese – saranno accorpate nell’unica parrocchia di Finale Emilia.

Vicariato della Pedemontana Est. Le due parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Savignano” – Mulino e Savignano – saranno accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato della Pedemontana Ovest. Le due parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Castelnuovo Rangone” – S. Maria di Mugnano e S. Martino di Mugnano – saranno accorpate alla parrocchia di Portile e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

Vicariato di Serramazzoni. L’Unità Pastorale “S. Dalmazio” potrà essere riconfigurata come segue: Denzano potrà essere unita a Marano, entrando nel Vicariato “Pedemontana Est”. Le tre parrocchie di Riccò, S. Dalmazio e Ospitaletto potranno essere accorpate e daranno origine ad una parrocchia unica per la quale verrà decisa una nuova denominazione.

L’Unità Pastorale “Serramazzoni” potrà essere riconfigurata attorno a due parrocchie, per le quali verrà decisa una nuova denominazione: 1) Serramazzoni, Selva, Pompeano, Faeto, Sassomorello, Monfestino, Granarolo e Pazzano; 2) Ligorzano, Valle, Montagnana e Rocca S. Maria.

4) Parrocchie di cui si auspica l’accorpamento in futuro

Vicariato cittadino “S. Faustino – Madonnina”. L’Unità Pastorale “Madonnina” potrà essere riconfigurata attorno a due parrocchie, per le quali potrà essere decisa una nuova denominazione: 1) Madonnina e Freto; 2) Cittanova, Cognento e Marzaglia.

L’Unità Pastorale “Saliceta San Giuliano” potrebbe diventare nel tempo una parrocchia unica, per la quale potrà essere decisa una nuova denominazione, avviando già fin da ora una collaborazione stretta fra le tre parrocchie: S. Paolo, Saliceta S. Giuliano e S. Rita.

Vicariato del Cimone. L’Unità Pastorale “Fanano – Sestola – Montecreto”, attualmente formata da 16 parrocchie, potrà essere riconfigurata attorno alle tre parrocchie che le danno il nome.

L’Unità Pastorale “Fiumalbo – Pieve – Riolunato”, attualmente formata da 12 parrocchie, potrà essere riconfigurata attorno alle tre parrocchie che le danno il nome.

Vicariato del Dragone. L’Unità Pastorale “Palagano”, seguendo l’esempio delle costituende parrocchie “Frassinoro” e “Montefiorino”, potrà passare dalle attuali sei parrocchie a una o due parrocchie.

Vicariato della Pedemontana Est. L’Unità Pastorale “Marano”, attualmente formata da tre parrocchie – Marano, Festà e Villabianca – potrà diventare una parrocchia unica, integrando anche la parrocchia di Denzano, appartenente al medesimo comune.

Vicariato della Pedemontana Ovest. Le due parrocchie appartenenti all’Unità Pastorale “Fiorano”, Nirano e Spezzano, potranno essere accorpate in un’unica parrocchia.

Vicariato “Campogalliano – Nonantola – Soliera”. Le quattro parrocchie denominate “Quattro Ville” – Ganaceto, Lesignana, S. Pancrazio e Villanova – potranno convergere in un’unica parrocchia, per la quale potrà essere scelta una nuova denominazione.

Le quattro parrocchie che compongono questa Unità Pastorale – Nonantola, Bagazzano, Redù e Rubbiara – potranno convergere nell’unica parrocchia di Nonantola, di cui sarà data nuova denominazione.

Vicariato di Pavullo nel Frignano. Le 37 attuali parrocchie di questo Vicariato potranno essere unite in modo da formare quattro grandi aree pastorali, che in futuro potranno diventare altrettante parrocchie: Pavullo Nord (attuali: Benedello, Camurana, Coscogno, Crocette, Montebonello, S. Antonio di Padova), Pavullo Sud (attuali: Castagneto, Iddiano, Montorso, Niviano, Sassoguidano, Verica, Frassineti, Miceno, Montecuccolo, Monteobizzo, San Bartolomeo, Camatta, Gaiato, Monzone, Olina, Renno), Polinago (attuali: Brandola, Cassano, Gombola, Morano, Pianorso, Polinago, S. Martino Vallata) e Lama Mocogno (attuali: Barigazzo, Cadignano Mirasole, Lama, Mocogno, Montecenere, Sassostorno, Vaglio).

Vicariato di Zocca. Le attuali 26 parrocchie che formano il Vicariato, raggruppate in tre Unità Pastorali – “Guiglia”, “Montese” e “Zocca” – potranno in futuro riunirsi attorno a tre grandi parrocchie, che potranno prendere il nome dalle tre suddette Unità Pastorali.

Non tutte le parrocchie della diocesi sono menzionate in questo decreto: per alcune, infatti, non è stata ancora avanzata qualche ipotesi di collaborazione più stretta o di accorpamento.

 

III. SITUAZIONI DIFFERENTI PER VALORIZZARE TUTTI

Si delinea, in conclusione, una mappa che prevede per le attuali parrocchie tre possibili situazioni, che dovranno essere valutate dai consigli pastorali ed economici del territorio, in accordo con la Diocesi:

  1. Vi saranno centri parrocchiali più grandi, nei quali abiterà normalmente il parroco o una comunità presbiterale; questi centri faranno da perno e motore sul territorio e coordineranno, insieme alle piccole comunità circostanti, tutti i servizi e le esperienze che caratterizzano la parrocchia: liturgia, catechesi, carità e fraternità.
  2. Alcune delle attuali parrocchie diventeranno diaconie, cioè luoghi che nel territorio potranno fare da punti di riferimento per la liturgia domenicale e per altre esperienze ecclesiali da valutare nei singoli casi, come ad esempio: una segreteria parrocchiale, alcuni momenti di incontro e di preghiera, qualche occasione sportiva, una sagra o una festa, l’attività di un oratorio e così via. Sarà dunque utile individuare le potenzialità di ciascuna “diaconia”: ad esempio la possibilità di ospitare in canonica un diacono, una casa-famiglia o un animatore che favorisca il contatto con il centro parrocchiale, fungendo da punto di riferimento. Le chiese appartenenti alle diaconie diventeranno “chiese sussidiarie” e saranno regolate, insieme alle loro eventuali strutture (canonica, teatrino, terreno, edifici e così via) da una normativa diocesana apposita.
  3. Alcune chiese e strutture invece, considerate poco adatte per la celebrazione della liturgia domenicale, non potranno essere curate come le chiese officiate e le canoniche abitate. Se in tali situazioni vi fossero strutture utilizzabili in altro modo, il Consiglio pastorale e il Consiglio economico, in accordo con la Diocesi, dovrà valutare se alienarle o utilizzarle da parte della grande parrocchia.

Nelle ultime due situazioni, se la canonica è agibile o può esserlo facilmente, occorre verificare se si possa studiare l’abitazione in tali luoghi di qualche realtà caritativa.

Va caldeggiata infine una proposta emersa nel corso delle riflessioni di questi anni. La riforma territoriale può essere portata avanti tenendo conto non solo dello “spazio” ma anche del “tempo”, cioè del fatto che in alcune parrocchie l’attività pastorale è molto diversa nelle varie stagioni. In città, ad es., e in generale in pianura, il periodo estivo (giugno-settembre) è piuttosto spento, mentre in montagna accade l’inverso. È possibile, verificate ovviamente le rispettive disponibilità, che una parrocchia cittadina possa “gemellarsi” nel periodo estivo con una parrocchia montana, favorendo in questo modo le celebrazioni liturgiche e alcune attività pastorali in montagna e dando alle comunità della pianura la possibilità di vivere momenti di ristoro e di relazione con le comunità montane. Emerge anche in questa esperienza, già avviata in Diocesi, quanto sia preziosa la figura dell’animatore di comunità, che tenga viva la presenza sul territorio e coordini le attività con la parrocchia cittadina gemellata.

Consegno queste note alla riflessione del presbiterio, dei diaconi, dei religiosi e dell’intero popolo di Dio, nella fiducia che lo Spirito ci chiama oggi più che mai a leggere i “segni dei tempi” e rafforzare la missione, senza rassegnazioni e lamentazioni, ma con il rinnovato entusiasmo di chi crede che Cristo sia vivo e presente nella storia.

Modena, 29 giugno 2019, Solennità dei Santi Pietro e Paolo

 

† Erio Castellucci
Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola
Amministratore Apostolico di Carpi