Dal 7 settembre prossimo i modenesi potranno «riabbracciare » idealmente il dipinto di Guercino Madonna in trono con i santi Giovanni evangelista e Gregorio taumaturgo che sarà esposto per un paio di mesi alla Galleria Estense, accanto ad altri capolavori del Seicento emiliano. L’iniziativa è frutto di un accordo tra l’arcidiocesi di Modena–Nonantola e la parrocchia Tempio–San Biagio da una parte e Gallerie Estensi e Soprintendenza Belle Arti di Bologna dall’altra. Poi, a novembre la tela rientrerà nella chiesa di San Vincenzo che per quasi 400 anni è stata la sua «casa».
Dopo il furto, nel 2014, e lo sciagurato trasporto in Marocco arrotolata in un tappeto, l’opera era stata ritrovata nel 2017 a Casablanca in gravissime condizioni, essendo oltre il 30% della pellicola pittorica perduto o seriamente danneggiato. Il Ministero per i beni e le attività culturali affidò all’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma l’esecuzione del delicato intervento che ha permesso un recupero straordinario della tela, anche se le lacune non sono state completamente reintegrate. I motivi di questa scelta saranno spiegati dagli stessi restauratori durante l’inaugurazione del 7 settembre. Si vedrà se nelle prossime settimane si aprirà un dibattito e saranno valutabili ulteriori interventi a completamento dell’ottimo lavoro fin qui svolto.
Ma al di là delle valutazioni sul re-stauro, è opportuno soffermarsi sull’opera in sé. L’iconografia, innanzitutto, è piuttosto inusuale: la Madonna (da notare senza Gesù Bambino) in trono sulle nubi e san Giovanni appaiono a san Gregorio, inginocchiato e con le braccia aperte in segno di stupore e timore. Il soggetto richiama uno dei miracoli attribuiti al santo, vescovo di Neocesarea (nell’attuale Turchia) vissuto nel III secolo e venerato per la sua opera di evangelizzazione e per i tanti prodigi compiuti, in particolare contro eventi naturali, pestilenze e gravi malattie. La sua agiografia narra che egli compose il «Simbolo», una bellissima invocazione alla Santissima Trinità, ispirato da un’apparizione della Madonna e san Giovanni evangelista. Il culto per san Gregorio si diffuse ampiamente e alcuni secoli più tardi, tra Cinque e Seicento, fu rinnovato nell’Italia post– tridentina dai Teatini, ordine di chierici regolari fondato nel 1524. A Modena i Teatini dal 1613–14 ottennero la cura della chiesa di San Vincenzo, che tre anni dopo iniziarono a ricostruire. Il dipinto di Guercino fu solennemente esposto alla pubblica venerazione proprio il 17 novembre 1630, festa di san Gregorio. La tela, pagata ben 300 ducatoni d’argento dal duca Francesco I, fu commissionata nel 1629 da Alfonso d’Este, padre di Francesco, come ex–voto per essere scampato ad una grave malattia. Il «protagonista» del dipinto, san Gregorio taumaturgo, doveva essere particolarmente venerato dal duca Alfonso, dai Teatini e dagli stessi modenesi se le cronache del tempo ricordano che i rappresentanti del governo della città «accompagnati da molta comunità di persone stettero alla messa cantata» e si espose sopra l’altar maggiore l’immagine del santo «particolare avvocato in questi calamitosi tempi» (era ancora attivo il contagio della terribile peste).
Dopo quasi quattro secoli da quei giorni e cinque anni di lontananza dalla città, l’auspicio è che i modenesi si riapproprino non solo materialmente di questa straordinaria opera d’arte ma che possano ancora apprezzarla e rispettarla per i valori di fede, devozione e senso di appartenenza che le sono propri sin dall’origine. Che la comunità si raduni di nuovo attorno ad un segno del proprio passato, ancora in grado di essere strumento efficace per veicolare il messaggio della speranza cristiana.
Simona Roversi, direttrice Ufficio Beni culturali