Missioni: un’estate di incontri e scambi per 50 giovani

Lunedì 10 giugno il vescovo Erio Castellucci ha presieduto, nella chiesa cittadina di San Benedetto, la celebrazione eucaristica con il mandato ai giovani che partiranno per esperienze di missione: Giulia Ballarotti, maestra, che trascorrerà 6 mesi in Mozambico, con le suore Comboniane, e gli altri 50 giovani che condivideranno tempo ed esperienze Madagascar, Paraguay, Sri Lanka, Ciad, Perù – qui andranno anche 4 seminaristi con il rettore don Federico Pigoni – Albania e Angola. In Ciad andrà anche il vescovo Erio per incontrare il vescovo Henri Coudray della diocesi di Mongo, con cui la nostra sta stringendo negli anni il legame di amicizia.
Presenti alla celebrazione anche Rosa e Agnese Chiletti, quest’ultima da poco rientrata dalla Thailandia, suor Gemma Montorsi, che da 42 anni è impegnata in Tanzania, a Usokami, insieme al suo parroco, don Vincent; e ancora padre Filippo Ivardi Ganapini, che ha seguito la formazione dei giovani in partenza, don Eligio e don Arrigo, missionari rientrati dal Brasile, ma sempre vicini a chi sceglie di vivere un’esperienza di condivisione. E una intera comunità, non solo la parrocchia di San Benedetto, gli alunni di Giulia, gli amici e le famiglie dei giovani che partiranno, davvero come mandati da una intera Chiesa.

 

 

Una “vacanza” insolita quella del vescovo Erio, alla fine di agosto; sarà infatti in Ciad, ospite del Vescovo Henry Coudray, che era a Modena lo scorso anno. Ecco  come  ce ne parla

 

 

 

Qual è la prima ragione di questa visita, oltre al piacere di incontrare un confratello che vive ed opera in un paese non certo facile come il Ciad? 

La prima ragione è l’amicizia nata con il vescovo Henry nel corso delle due visite che ha effettuato a Modena, nell’autunno 2015 e nell’estate 2016. In entrambe le occasioni mi ha colpito la sua serenità, profondità e chiarezza. È un gesuita di origini francesi, professore di arabo per tanti anni e poi catapultato come vescovo nella difficilissima realtà del Ciad. Ha uno sguardo limpido sulla realtà, sia nei suoi aspetti problematici – mi ha parlato più volte dei pericoli che lui e tutta la comunità cristiana corrono quotidianamente – sia nel suoi aspetti positivi, legati all’azione dello Spirito in quella terra. La sua fede salda e la sua gioia traspaiono dalle parole e dal volto. Entrambe le volte mi ha invitato a visitare la sua diocesi, grande quattro volte l’Italia, nella quale operano una quindicina di sacerdoti, alcuni dei quali italiani. Concordando insieme a Francesco Panigadi le esperienze missionarie estive dei giovani modenesi, che quest’anno coinvolgono oltre una trentina di ragazzi in diverse parti del mondo, ho pensato di accettare questo invito per l’ultima settimana di agosto. Non è il periodo migliore, perché è la stagione delle piogge, ma avendo fatto una buona quantità di vaccini, speriamo di tornare sani e salvi. Non esistono i vaccini contro i coccodrilli, ma staremo attenti. Per il resto, vedremo se nascerà qualcosa d’altro come uno scambio stabile con quella diocesi.
 
La diocesi è un laboratorio di dialogo con l’Islam: pensa di trovare spunti e strumenti anche per il dialogo qui a Modena?
Di spunti ne ho già trovati parecchi: il vescovo Henry alcuni mesi fa mi ha inviato una lettera pastorale dei vescovi del Ciad, nella quale affrontano anche il rapporto con l’islam. Certo è diverso parlare della relazione con i musulmani là, dove sono la maggioranza, e qui dove invece sono presenti in minoranza; come del resto è diversa la relazione tra cristiani e musulmani nei differenti paesi del mondo: sia perché alcuni sono veri e propri “Stati islamici” e altri no; sia perché non esiste un solo islam, ma ve ne sono tanti. Comunque l’esperienza di chi lavora “sul campo”, cercando il dialogo nella chiarezza delle posizioni, non può che aiutarci anche qui in Italia e a Modena.
 
Le esperienze missionarie, per molte chiese locali, stanno cambiando volto. Anni fa partivano soprattutto sacerdoti e religiosi, oggi vi si accostano, per conoscere ed imparare anche molti giovani. Che direzione auspica per la Chiesa modenese?
Credo che dovremmo puntare di più sullo scambio con le giovani Chiese. Uno dei problemi delle nostre diocesi italiane è quello della chiusura: abbiamo tante strutture e poco entusiasmo; siamo facili al lamento, quasi che le nostre beghe fossero più importanti di tutto il resto. Se riuscissimo a respirare meglio l’ossigeno delle Chiese giovani, che stanno crescendo spesso tra le persecuzioni, che hanno poche strutture ma molta fede, forse tanti di quelli che chiamiamo “problemi” e che spesso sono tensioni inutili tra di noi, diminuirebbero e aumenterebbe la gioia di seguire il Signore. Una carovana troppo pesante si impantana; un carro leggero procede anche nel fango. Noi abbiamo diversi sacerdoti che hanno fatto esperienza missionaria, specialmente in Brasile, dove è rimasto solo don Maurizio Setti; abbiamo alcuni religiosi e religiose che hanno pure un’esperienza missionaria; molti giovani si sono coinvolti in questi anni nella “missio ad gentes” per brevi periodi ma anche per anni interi; don Graziano Gavioli sta per partire per le Filippine, dove rimarrà due anni… sono tutte boccate d’ossigeno, che speriamo di moltiplicare. Personalmente più del raffreddore temo l’asfissia.