Lunedì 17 gennaio, alle 19, la prima Messa missionaria del 2022 sarà celebrata proprio in ricordo di padre Turrini.
A presiederla don Isacco Spinelli, nella chiesa del Santissimo Crocifisso/ Santa Caterina.
«Padre Ettore – ricorda Francesco Panigadi, direttore del Centro missionario diocesano – è stato un uomo appassionato, che ha cercato in tutti i modi di far conoscere la situazione di sfruttamento della Foresta amazzonica e i soprusi nei confronti degli indios. Ho avuto la fortuna di incontrarlo in Brasile nel 1993 e poi l’ho rivisto in Italia varie volte. Ha sempre detto che le cause dello sfruttamento erano la coltura intensiva della soia e della canna da zucchero, il taglio del legno pregiato, le miniere, l’allevamento in distese immense… Aggiungeva però che in realtà si trattava di un unico problema: l’attaccamento al denaro. Credo abbia gioito quando papa Francesco ha indetto il Sinodo per l’Amazzonia».
Padre Ettore Turrini, una vita per gli ultimi
Ha vissuto l’intera sua vita a fianco degli ultimi, in tanti Paesi del globo, in particolare in Brasile. Padre Ettore Turrini, missionario dei Servi di Maria, si è spento l’8 gennaio nell’ospedale Santa Juliana di Rio Branco, capitale dello stato brasiliano dell’Acre. Ritornato alla casa del Padre alle 9.57, la notizia è rimbalzata immediatamente oltre oceano, nella sua terra natia, il montesino. Aveva 95 anni e ha lasciato le sorelle Tommasina e Matilde, nipoti e pronipoti che vivono a San Paolo e tanti parenti anche a Montese. Una broncopolmonite ha stroncato la sua già fragile fibra dopo un paio di settimane di ospedale. I funerali si sono svolti il giorno successivo, il 9, nella chiesa di di São Peregrino, situata sulla Estrada da Floresta, e riposa nel cimitero di Morada da Paz, vicino al suo confratello Padre Paolino Baldassarri, nativo di Loiano, nel bolognese, con il quale ha condiviso tantissime battaglie per la salvaguardia della Selva e dei suoi abitanti, gli indios.
Dichiararono pubblicamente di essere «pronti a morire per questa meravigliosa foresta che Dio ci ha donato». Mi ha concesso tante interviste padre Turrini. Una di questa, in un luogo speciale, il 3 agosto 2006: nella quiete della chiesa parrocchiale di Maserno di Montese. Mi accolse con queste parole: «Per chi ha fede, questa è chiesa. E per chi ha fede, qui c’è Dio. Ben 63 giorni fa più 80 anni, fui battezzato qui, era il 28 maggio del 1926». Era nato il 27 maggio 1926 in località Melchiorri di questa frazione montesina, poi con la sua famiglia si trasferì a casa Paggetto di Iola. Era un fiume di parole, accorate, espresse con forza: «Sto scrivendo al presidente Lula – disse – affinché dica un basta coraggioso in nome di Dio, per bloccare la distruzione almeno per 10 anni, un giubileo di 10 anni. In 40 mila anni i nostri Indio ci hanno dato la Selva amazzonica tutta intera, fantastica, e noi, in meno di 200 anni, abbiamo ridotto la parte atlantica del 93 per cento e l’amazzonica del 37 per cento». Si rivolse più anche al pontefice e ad alcuni grandi del mondo, padre Turrini, definito il «Frate volante», l’«Indiana Jones» dell’Amazzonia, il «James Bond di Dio», che ha vissuto da 71 anni di missione, fra gli indios nel cuore del gigantesco polmone verde del Brasile e in altre, ma spaziò in altre 33 nazioni. Conosceva 12 lingue di cui otto parlate. Nel 1970 andò nella Cina continentale assieme a Padre Alberto Morini di Reggio Emilia: furono i primi due sacerdoti cattolici a entrare in quel Paese ai tempi di Mao, dopo il famoso ‘48. La prima visita alle Isole Filippine risale a quel periodo. Nel 1971 visse un anno con i prigionieri politici e nel servizio pastorale alle ragazze libere a San Paolo. Ritornò nell’Acre e per diversi mesi continuò il suo servizio e impegnato con il problema della prostituzione a Sena Madureira. E l’elenco dei suoi servizi e delle opere realizzate sarebbe ancora molto lungo. Era cocciuto, determinato, non mollava nelle sue azioni, non si stancava di battere il chiodo. Ha avuto un ruolo importante nel comune di Sena Madureira, nella regione di Floresta, dove una scuola porta il suo nome, ha ricevuto il dottorato Honoris Causa dell’Università Federale di Acri (UFAC), e l’Ordine dell’Estrela do Acre, la più alta onorificenza concessa dal governo statale. Padre Turrini trascorse chilometri e chilometri in canoa lungo i fiumi dell’Amazzonia per raggiungere i villaggi indios, e 18 milioni di chilometri in aria, parte dei quali alla cloche di due piccoli aerei che gli furono regalati. «Sono precipitato sette volte – raccontò – e grazie a Dio non mi sono mai fatto nulla di grave». Il primo aereo gli fu regalato nel 1962 da alcuni industriali della Lombardia. Fu lo scrittore e giornalista Dino Buzzati, che diventò suo amico, a introdurlo in quell’ambiente. «Non lo avevo mai visto prima Buzzati – disse padre Turrini -. Gli feci visita al Corriere della Sera. Mi ricevette molto freddamente. “Io non ho mai ricevuto un prete”, disse. Poi, cominciammo a parlare, a comunicare, e alla fine disse: “Posso darti del tu? Mi hai contagiato, basta, vai, via”. Tre giorni dopo sulla terza pagina del “Corriere” uscì un articolo che parlava della missione, del lebbrosario, raccontava di quanto avevamo bisogno. Era un articolo provocatorio: “A chi chiede un aeroplano si può dire no?”. Mi arrivò in regalo un Aermacchi a due posti con un motore di 290 Cv». E Annamaria Bernardoni, montesina trapiantata a Bologna, gli regalò un’autovettura per spostarsi in Italia. Buzzati si interessò ancora del frate e, in seguito, gli fu regalato un bimotore e un’altra volta un ospedale. Lo scrittore andò a fargli visita in Brasile, pranzò al suo tavolo, fra gli indigeni. «Tu sai che io non credo in Dio – chiarì -, ma tu un giorno mi hai detto che una persona seria deve sposarsi in chiesa e non deve separarsi dalla moglie. E io sono venuto in Brasile a portarti mia moglie: mi sono sposato in chiesa, per te». La sua battaglia per salvare l’Amazzonia e i suoi abitanti padre Turrini l’ha continuata fino ad ora, fino a quando ha avuto un filo di voce.
Walter Bellisi