Era scesa la notte nel campo dei pastori, sulle colline punteggiate dalle casette e dalle grotte di Betlemme, villaggio sperduto della Giudea. Forse quei pastori erano ignari della grande storia, del censimento ordinato dall’imperatore Cesare Augusto e organizzato per loro dal governatore Quirinio; ed erano certo all’oscuro della piccola storia di due giovani sposi che avevano cercato riparo nei dintorni, per far nascere il loro bimbo in un luogo dignitoso, un alloggio che fosse umano, trovando invece la disponibilità di una stalla. La notte copriva tutto: campi, colline, pastori, greggi, viandanti, alberi e fiori.
Sembrava una notte come tutte le altre, come le migliaia di notti che dall’origine del mondo scandiscono i ritmi del tempo. Ma quella notte fu spezzata da una luce improvvisa: “un angelo del Signore si presentò a loro”. Quell’angelo, quel raggio di cielo che aveva già visitato Maria e Giuseppe, ora avvolge di luce i pastori. E il timore si apre alla gioia, le tenebre si rischiarano.
Vivremo quest’anno una notte di Natale diversa da quelle degli anni precedenti. Il buio è più fitto, la tenebra più densa.
La Notte di Natale di quest’anno pandemico raccoglie simbolicamente le interminabili notti di dolore dei malati e dei loro familiari; le notti insonni del lutto di chi ha perduto persone care, senza nemmeno poterle accompagnare; le notti tormentate di chi ha visto calare o svanire il lavoro e i risparmi; le notti faticose di medici, infermieri e personale sanitario, forze dell’ordine e di vigilanza, responsabili e guide di comunità, professionisti, docenti, educatori, operatori dei servizi essenziali e della comunicazione, volontari.
Come un immenso campo dei pastori avvolto dalle tenebre è il pianeta colpito dal Covid-19, dove il dolore è davvero universale: il dolore provocato dal virus, ma anche il dolore svelato dal virus, perché le tenebre già prima avvolgevano il mondo e lo avvolgeranno dopo, quando l’emergenza sanitaria sarà passata.
Incombono sempre sulla terra, infatti, le tenebre della povertà, della fame e della sete, della guerra e della violenza, dell’abuso del creato e delle malattie… queste sofferenze sono la dilatazione di quel buio del cuore che si chiama egoismo e genera indifferenza.
La buona notizia è che, in questa coltre ombrosa, irrompe “un angelo”, un fascio di luce. Il Signore si rende presente attraverso tanti angeli in carne e ossa. Nell’ombra del dolore e della morte compaiono gli angeli della speranza, che si fanno prossimi. Angeli che nelle case, negli ospedali e nelle strutture per anziani e disabili lasciano trasparire dai loro occhi, sopra la mascherina, un sorriso lanciato ai familiari, agli ospiti e agli ammalati; angeli i cui volti compaiono sullo schermo del computer, nelle finestrelle dei collegamenti digitali, e si prodigano per educare, confortare, consolare, annunciare, pregare; angeli che suonano alla porta e lasciano sulla soglia una parola di saluto e di augurio insieme alla borsa degli alimenti; angeli che rendono sicure le strade, tengono aperti uffici, sportelli, laboratori, negozi, chiese; angeli che offrono tempo, energie, denaro, affetti per accendere la speranza nelle persone più fragili e ferite. Angeli spesso invisibili, incuranti della pubblicità, disinteressati al riconoscimento dei meriti, preoccupati piuttosto di farsi dono per condividere e alleviare i disagi.
L’angelo annuncia ai pastori il grande, unico e incredibile dono di Dio: il Figlio si fa uomo, l’Altissimo diventa bimbo, il Signore delle stelle spunta da una stalla. È necessaria questa luce dal cielo per solcare il buio del nostro cuore, per incoraggiare gli angeli della speranza a spargere raggi di luce, per dare conforto ai più fragili e riportarli a benedire la vita.
+ Erio Castellucci