Si è aperto ieri nell’aula magna del Seminario metropolitano l’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico regionale emiliano. Insieme all’arcivescovo di Modena-Nonantola monsignor Erio Castellucci, moderatore del Tribunale, erano presenti anche monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi, monsignor Lino Pizzi, vescovo emerito di Forlì e monsignor Giuseppe Verucchi, arcivescovo emerito di Ravenna. Presenti anche il vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Flaminio, monsignor Massimo Mingardi e il Prefetto di Modena Maria Patrizia Paba.
Prima della prolusione dell’avvocato Vincenzo Pacillo, direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia, e del breve intervento dell’arcivescovo Castellucci, don Sergio Casini, vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico ha commentato così i dati riguardanti l’attività 2018: “Risulta sostanzialmente invariato il numero delle cause portate a sentenza, mentre si osserva un certo calo delle nuove cause introdotte. Sarebbe un fatto molto positivo, se corrispondesse a una maggiore tenuta delle unioni matrimoniali, ma tutto indica che le cose stanno diversamente: è piuttosto il riflesso del diminuito numero dei matrimoni e della riluttanza, in caso di fallimento dell’unione, ad affidarsi al giudizio della Chiesa.
In ogni diocesi sono lodevolmente presenti forme di sostegno e supporto ai coniugi in difficoltà. In tale forma di aiuto si inserisce anche la presenza e l’opera del Tribunale Ecclesiastico. Al minor numero di cause introdotte nell’anno 2018 corrisponde un numero minore di cause complessivamente trattate nel medesimo anno. Rimane sostanzialmente invariata, rispetto all’anno precedente, la durata media delle cause, 410 giorni rispetto ai precedenti 407. Si conferma un generale aumento della complessità delle cause, alla quale non è estranea, talvolta, l’accentuata litigiosità delle parti o quella mancanza di collaborazione che non aiuta, anzi allontana, l’accertamento della verità.
I principali motivi di nullità – prosegue don Casini – si confermano quelli relativi alla simulazione del consenso, con riferimento specifico alla prole e all’indissolubilità, e quelli relativi all’incapacità di emettere un valido consenso ex can. 1095 n. 2 e n.3. Ovviamente, i numeri riportati riflettono il fatto che, in una singola causa, la nullità del matrimonio può essere invocata anche per più di un motivo e a ciascuno di essi, salvo rinuncia delle parti accolta dal giudice, si deve dare risposta affermativa o negativa. Un dato che salta agli occhi è la quasi totale scomparsa dell’appello, anche se rimane sempre come possibilità percorribile. Quando avviene, nella quasi totalità dei casi si dirige immediatamente alla Rota Romana e non al Tribunale ordinario di appello.
Come già dissi lo scorso anno, questo dato rende ancora più acuta la responsabilità di chi indaga e giudica nel primo e ormai quasi sempre unico grado di giudizio. Mi consola avere constatato che, anche nei pochi casi, l’appello ha quasi sempre confermato il giudizio espresso in primo grado. Non ci sono state cause trattate nella forma più breve, che alla prova dei fatti ritengo scarsamente funzionale alla nostra realtà. Ma questa è una mia opinione strettamente personale e come tale non ha alcun valore, ma penso che il processo nella forma ordinaria, se gestito correttamente, pare rispondere sufficientemente al bisogno”.