In questo periodo di dichiarazione dei redditi si moltiplicano gli spot sui media nazionali per ricordare come la firma a favore della Chiesa cattolica produce risultati concreti: oratori che in estate brulicano di bambini, ristrutturazione di spazi delle parrocchie per essere luogo di presenza della Chiesa nei quartieri più difficili, accoglienza di rifugiati, profughi e persone a rischio di esclusione sociale, ospitalità di famiglie devastate dal gioco d’azzardo o non più capaci di pagare l’affitto.
Ma 8xmille non è solo una firma. 8xmille non è solo una serie di finanziamenti alla creatività caritativa e alle attività pastorali delle nostre diocesi. 8xmille non è solo una richiesta di aiuto formalizzata agli uffici della Curia. 8xmille non è mai stato, non è, e non sarà mai il pozzo senza fondo al quale attingere quando una comunità non ha risorse sufficienti per far quadrare il bilancio. Troppo spesso, nelle nostre comunità, abbiamo rimosso dai nostri pensieri i valori della partecipazione e della corresponsabilità. Lo hanno sottolineato anche le prime sintesi dei gruppi sinodali delle 216 diocesi italiane. Abbiamo ancora qualcuno che crede che la Chiesa italiana e i suoi sacerdoti siano pagati dal Vaticano! Ci mettiamo davanti alla tv e ci emozioniamo davanti agli spot della Cei senza chiederci da dove arrivano i contributi che permettono la realizzazione di tante opere caritative e pastorali.
8xmille non è solo una firma, ma è una scelta e un impegno importante che la Chiesa italiana ha preso negli anni Ottanta. La Chiesa ha scelto l’autonomia completa dallo stato e l’impegno di contribuire in proprio a tutte le sue necessità, firmando un accordo che lascia la piena libertà ai cittadini di esprimere la propria partecipazione con una firma sulla dichiarazione dei redditi (scegliendo a chi destinare l’8 per mille dell’Irpef) e il versamento delle offerte per i sacerdoti italiani (deducibili fiscalmente, ma anche queste sempre in calo).
8xmille non è solo una firma, ma la consapevolezza che tutti siamo corresponsabili di quello che succede nelle nostre comunità: qualcuno si occupa dell’educazione cristiana dei più piccoli, qualcuno si mobilita per sostenere economicamente le famiglie in difficoltà, altri fanno servizi semplici come quello di tenere puliti i locali parrocchiali e la chiesa, il consiglio
pastorale programma la pastorale dei prossimi anni, altri si occupano della contabilità e di valutare progetti e relativi piani finanziari per la loro realizzazione. Ma tutti, e sottolineo tutti, dovrebbero sostenere economicamente la loro Chiesa. Tutta la Chiesa e non solo la ristretta comunità nella quale siamo cresciuti e viviamo, anche le altre comunità: quelle più piccole, quelle più in difficoltà, quelle che faticano a raccogliere anche un migliaio di euro all’anno.
Tutti possiamo partecipare ed essere responsabili della nostra Chiesa. Anche il giovane che non ha un lavoro stabile può firmare, anche l’anziano che ha solo la pensione può firmare, per decidere a chi far giungere un aiuto che proviene da una parte delle tasse pagate da tutti gli italiani. Come? È questo il punto. Non si può continuare a far rimbalzare la responsabilità sempre a qualcun altro.
8xmille non è solo una firma, è un valore che va condiviso, che va comunicato, che va scelto, che va sostenuto. Non possiamo sempre rispondere: «Abbiamo altre priorità!». Tutti ormai sanno che i contributi derivanti dall’8xmille, nei prossimi anni, caleranno circa del 30%. Nessuno però ha cominciato a darsi da fare per provare a far riscoprire i valori che stanno alla base delle modalità che fino ad oggi hanno sostenuto tutte le nostre attività diocesane e parrocchiali.
8xmille non è mai solo una firma: facciamo in modo che non resti solo una firma, di pochi.
Marcello Barbieri, incaricato diocesano Sovvenire Servizio promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica