Sabato 24 ottobre alle 20.30, in Sant’Agostino, l’Arcivescovo Castellucci celebrerà le ordinazioni diaconali di Domenico Bonadia, per il diaconato permanente, e di Luca Piacentini, per quello «transeunte» in vista dell’ordinazione presbiterale. I fedeli che intendono partecipare al sacro rito dovranno prenotarsi scrivendo una mail all’indirizzo sagostinosbarnaba@gmail.com, entro e non oltre martedì 20 ottobre.
Il diaconato è il primo dei tre gradi del sacramento dell’Ordine e, a differenza del presbiterato e dell’episcopato, non conferisce la missione e la facoltà di agire nella persona di Cristo: il diacono non può operare la transustanziazione eucaristica né confessare e assolvere i fedeli, pur essendo abilitato a servire il popolo di Dio nel ministero dell’altare, della parola e della carità. Seguendo «Cristo Servo», il diacono testimonia a tutti come la forza del servizio autentico venga da Cristo, vivendo e operando in unità articolata e organica con vescovo e presbiteri. Se il presbitero raduna la comunità profetica, sacerdotale e regale attorno alla celebrazione eucaristica, il diacono sta sulla «soglia» che unisce comunità cristiana e civile, operando attraverso la testimonianza e l’azione, in una collaborazione da cercare e vivere come impegno e dono. Il diaconato permanente, già chiaramente individuato dalla Tradizione apostolica di Ippolito di Roma (III secolo) tra i ministeri ordinati con l’imposizione delle mani, andò progressivamente scomparendo intorno al X secolo. Reintrodotto nel 1964 durante la terza sessione del Concilio Vaticano II e dalla costituzione dogmatica Lumen Gentium (art. 29), il diaconato permanente fu oggetto del motu proprio Sacrum diaconatus ordinem di Paolo VI (1967), che fissava le norme per il suo ristabilimento.
Per la nostra arcidiocesi e per quella di Carpi, l’Arcivescovo ha promulgato il 29 giugno scorso ad experimentum per cinque anni un apposito Direttorio. Il diaconato è aperto agli uomini celibi o coniugati che si siano sperimentati per alcuni anni nella loro scelta; per iniziare il percorso, i celibi dovranno avere compiuto 25 anni e i coniugati 35, ma non averne più di 60. La preparazione richiede almeno quattro anni, scanditi da alcune tappe: aspirantato, ammissione tra i candidati, lettorato, accolitato. Le dimensioni della formazione assunte dalle diocesi sono quattro: umana, pastorale, spirituale e teologica. La formazione permanente si muove sulle stesse direttrici di quella preparatoria, seppure con modalità differenti. Per favorire la formazione, le due diocesi propongono appuntamenti annuali comuni.
La triplice diaconia – della parola, dei sacramenti e della carità – si alimenta nell’esercizio del ministero: un diacono è «plasmato » dal servizio che porta avanti e non solo dalla sua preparazione teorica. Il fatto stesso di proclamare e predicare il Vangelo lo spinge ad approfondire la parola di Dio; l’azione di celebrare alcuni sacramenti lo aiuta a mantenersi in una vita di grazia; l’incontro con le persone, specialmente quelle ferite nel corpo e nell’anima, lo stimola a farsi segno di Cristo servo e povero.
LUCA PIACENTINI
Avendo maturato recentemente la scelta, già definitiva, del diaconato, vorrei condividere alcune riflessioni sulla differenza cristiana nelle scelte, tratte da un articolo di padre Amedeo Cencini sulla rivista Vocazioni (marzo–aprile 2009). Secondo l’autore una scelta ben fatta da un punto di vista solo umano ha principalmente tre caratteristiche: sicura, nel senso che ciò che si sceglie non dovrebbe superare le proprie capacità e attitudini, e anche le variabili esterne dovrebbero poter essere previste, tutto al fine di minimizzare il rischio di fallimento; a basso costo, nel senso che il massimo risultato dovrebbe essere raggiunto con il minimo sforzo; reversibile, perché si dovrebbe sempre tenere aperta la possibilità di tornare al punto di partenza, nel caso in cui la scelta non funzioni. Anche da un punto di vista ingegneristico, per quello che so, sono criteri fondamentali, ma per le scelte di vita capiamo subito che manca qualcosa; pensando alla mia scelta spero vivamente che manchi qualcosa, diversamente sarebbe sbagliata in partenza: non sono certo sicuro che le mie qualità e attitudini siano sufficienti al ministero; non posso certo prevedere tutti i dettagli e gli imprevisti che succederanno; ho capito che non sarà una scelta a basso costo e non sarà reversibile, salvo situazioni eccezionali. Eppure in questi anni, specialmente nei momenti più difficili, non è mai mancato qualcuno che mi aiutasse, un amico con cui fare memoria delle cose belle vissute insieme, un parrocchiano che pregasse per me, un povero per cui io fossi così povero da non avere nulla da donargli, un bambino che mi corresse incontro e mi abbracciasse.
È come se, ancora una volta, il Signore mi abbia mostrato la sua stima e la sua fiducia in me, perché io imparassi a fidarmi di Lui, unico modo per colmare quel vuoto che i calcoli dei criteri umani lasciano in una scelta. Sempre secondo padre Cencini, la scelta è come un insieme di desideri che premono per uscire fuori, come le acque premono sulla diga per uscire, fino al punto di rottura; così mi sono ricordato che anch’io ho versato acqua, in forma di lacrime, in due momenti decisivi: l’ultimo giorno di lavoro, sulla spinta dell’affetto e della stima di cui quell’ambiente mi aveva circondato, quando avevo maturato da poco la scelta di entrare in Seminario; poi un giorno al mio secondo anno di Seminario, vedendo la fiducia commovente che diverse persone riponevano in me, in un momento per me non facile. Insomma ho visto che il Signore è sempre con me e mi ha preso per mano (cf. Sal 73,23), sperando di poter fare anch’io lo stesso a vantaggio di qualcuno.
DOMENICO BONADIA
Ripercorro le tappe più importanti della mia vita: sono nato in una famiglia composta oltre che dai miei genitori da un fratello e da una sorella.
Devo essere grato soprattutto al Signore per il clima positivo che ho respirato in essa, ricco di valori umani, ma sono grato anche a mia nonna paterna per la sua testimonianza di fede che è stata la mia prima iniziazione cristiana In parrocchia ho vissuto il mio percorso normale di pratica della vita cristiana e di sacramenti.
Poi a diciotto anni è iniziata un’esperienza forte con il Gam (Gioventù ardente mariana) durata quindici anni. Con il gruppo ho partecipato a tante missioni dal nord Italia al sud.
Nella Gioventù ardente mariana, sotto lo sguardo materno della Vergine Madre che da allora ho sempre sentito accanto in tutti i momenti, ho imparato ad ascoltare la Parola di Dio e ad avere un amore particolare verso l’Eucarestia.
Dopo la maturità magistrale ho frequentato il Conservatorio di musica diplomandomi in Canto lirico e pianoforte. Mi sono specializzato presso il Conservatorio «Santa Cecilia» di Roma, e contemporaneamente ho lavorato in vari teatri ed infine ho prestato il mio servizio presso il coro « Mater Ecclesiae» dal 2003 al 2010, sia come corista sia come solista (salmista di Sua Santità) in Vaticano.
Insieme a queste esperienze, ho cercato dì inserirmi nel mondo della scuola per poter avere un lavoro più stabile, che mi premettesse di crearmi una famiglia. Infatti, dopo un fidanzamento di molti anni, nel 2012 mi sono sposato con Ersilia Celotto e la nostra unione è stata benedetta con il dono di tre bambini: Antonio, Chiara e Miriam. Cominciando dall’anno 2014, sentii crescere in me un desiderio forte di servire il Signore nel ministero diaconale.
Un desiderio nato improvvisamente, per una realtà a cui non avevo mai pensato, un desiderio che è stato sempre più rafforzato dall’ascolto della Parola di Dio, soprattutto, nella celebrazione eucaristica.
Infine attraverso un colloquio con don Luciano Benassi che mi indirizzò verso la parrocchia di Serramazzoni ebbi l’incontro e diversi colloqui in seguito con il parroco don Lorenzo Giusti, che mi hanno condotto alla decisione di diventare diacono.