Sabato 18 novembre si è svolto il convegno presieduto dal Vescovo e con un’ampia partecipazione di diaconi e altri ministri istituiti. Numerosa anche la presenza delle spose. Don Paolo Losavio ha introdotto, riprendendo i punti della lettera pastorale in cui si parla del diacono, sottolineando che è la prima volta che se ne parla in modo ampio.
Don Fabrizio Rinaldi ha affrontato il tema della corresponsabilità, che ha a che fare con l’essere Chiesa, è qualcosa di più della collaborazione: essere corresponsabili significa poter ragionare insieme sulle scelte, in un clima che aiuti a esprimere le proprie idee e ad ascoltare gli altri. È il modo di vivere la Chiesa con discernimento comunitario, facendo esperienza di Vangelo. La corresponsabilità deve essere di tutti e il diacono ha il compito di promuoverla per gli altri, ascoltando, parlando, educando al servizio. In un momento in cui tante strutture e tante prassi stanno finendo la comunità deve cercare di radunarsi attorno all’essenziale (ascolto, preghiera, carità) e il diacono deve aiutare in questo. Secondo le proprie capacità ogni diacono può essere corresponsabile in vari ambiti: nei gruppi del Vangelo può aiutare a rendere familiare la lettura della parola di Dio; si può valorizzare il suo compito di annuncio facendogli pronunciare l’omelia in alcune occasioni. Potrebbe presiedere alcuni momenti di preghiera anche in presenza del prete, nelle preghiere domestiche in occasione di certe ricorrenze importanti per quella famiglia. Nelle benedizioni alle famiglie potrebbe dedicare più tempo all’incontro con chi accoglie; ha inoltre il compito di promuovere l’apertura e la collaborazione con le altre comunità e la diocesi.
Don Matteo Mioni, prete delle Case della carità, ha parlato della spiritualità del diacono servo dei poveri. È partito dall’episodio delle nozze di Cana, dove c’è un segreto che solo i servi conoscono: loro sanno da dove viene quel vino, sono custodi del dono, ne sono i promotori, lo condividono. Per conoscere i segreti di Dio dobbiamo frequentare i poveri, a cui il Padre ha rivelato quello che è nascosto ai sapienti. Anche le donne per ascoltare la parola di risurrezione devono entrare nel sepolcro. La vicinanza e l’ascolto dei poveri permette di poter esercitare poi una “diaconia rivelativa” dei segreti del Padre che solo i poveri conoscono. Essi ci insegnano a leggere il Vangelo da semplici e a celebrare la liturgia da riconoscenti. Il diacono ha il compito di dire alla Chiesa e al mondo che incontrare i poveri è incontrare Gesù. In Lc.14 c’è un servo che deve andare ad invitare e a spingere ad entrare al banchetto. È al servizio del desiderio del Padre, lo ha capito perché gli dice che c’è ancora posto. Questo è essere corresponsabili: essere servi con il cuore del Padre, catturati dal suo desiderio per essere servi dell’invito. Il diacono ha il compito di educare l’assemblea a cercare chi non può venire e a dare i primi posti ai piccoli. Deve esercitare una diaconia , sollecitando la comunità ad andare dagli ultimi. Il diacono si fa vicino ai poveri perché essi possano dirci .
Il Vescovo ha concluso ripartendo da un ricordo di don Mario Prandi: . Ha infine presentato sei grandi orizzonti per la nostra Chiesa, in cui il diacono deve tenere desta la comunità. L’orizzonte della vita debole, nascente, morente, malata; quello della famiglia nelle sue difficoltà; quello dell’accompagnamento educativo dei giovani, facendosi spina nella carne della comunità perché non si dimentichi di loro; quello della giustizia, che oggi si gioca nella relazione con i migranti, nella ricerca di una corretta informazione su di loro e nella creazione di luoghi di integrazione: il diacono deve essere inquietante verso i preti, il vescovo, la comunità perché la profezia non può essere data come una camomilla; quello della pace, cercando di essere operatore di pace nelle comunità e stimolo alla preghiera per la pace nel mondo; quello della custodia del creato, in cui bisognerebbe spendere qualche diaconia.