Giovedì 16 (dalle 16.30 con gli attori più istituzionali) e venerdì 17 giugno (dalle 18 con la cittadinanza tutta) il Centro Papa Francesco si aprirà per una duegiorni di festa e confronto dando protagonismo agli ospiti della Caritas diocesana e agli operatori pastorali e del Servizio sociale territoriale del Comune di Modena che quotidianamente si implicano in processi di inclusione nel contesto urbanistico del centro storico della nostra città. Dal titolo fortemente evocativo, «Io C’entro» vuole annunciare la concreta opportunità offerta a ciascuno, oltre il proprio ruolo e bisogno, di poter entrare a far parte della realtà del Centro Papa Francesco, contribuendo a trasformare quotidianamente questo spazio in un luogo attraverso processi di appartenenza e costruzione di legami sociali. Ma l’opportunità per ogni cittadino e per chi ha incarichi istituzionali è soprattutto quella di sentirsi chiamato in causa, di essere comunque coinvolto da ciò che accade più o meno a sua insaputa ogni giorno presso il centro di Via dei Servi, a due passi dal cuore della Città, vicino al Duomo e a Piazza Grande. La Caritas Diocesana Modenese fin dal 2017, sotto la guida del nostro Arcivescovo Castellucci aveva scelto di investire molte risorse anche economiche, per un’opera-segno che mettesse al centro il valore del legame. Nella convinzione che i bisogni primari della casa, del lavoro, del cibo, quando non soddisfatti erano solo “spie” di una mancanza di legami con i propri contesti familiari, con il mondo dei servizi, con i contesti sociali prossimi e informali, come quelli più strutturati come un luogo di lavoro, una scuola, un condominio. L’intuizione si è rivelata felice perché la stessa Caritas diocesana, come espressione di una Chiesa in uscita ha sentito l’esigenza di “legarsi” in una collaborazione generativa e non solo “formale” con il Comune di Modena. In fondo, la parola così inflazionata, come “coprogettazione” segnala la disponibilità di due o più soggetti a convergere su dei problemi sociali, a riconoscerli insieme, a individuare insieme obiettivi comuni, oltre i mandati delle singole organizzazione auspicando esiti, che nella loro parzialità , indichino la volontà di gestire un problema, di farne un’occasione di apprendimento comune utile a tutti, beneficiari diretti e comunità cittadina. Il Centro Papa Francesco certamente ospita persone con disagio abitativo, uomini vulnerabili e fragili, scivolati da tempo in quel piano inclinato che come una frana inarrestabile fa scivolare in povertà relativa più di 7 milioni di persone in Italia. Numeri altisonanti che rischiano di spersonalizzare la ferita del singolo e l’unicità della storia di vita, di togliere il primato della persona e la sua dignità; numeri che portano la comunità a provare sentimenti legittimi di spaesamento, inquietudine, angoscia, paura, che portano anche tra i cristiani a comportamenti difensivi e di irrigidimento dati anche dall’impotenza. Ma questa due-giorni vuole essere un momento per cogliere la pluralità di dispositivi presenti al Centro, oltre i singoli posti letto offerti e divenire un’occasione di confronto con altre realtà istituzionali e organizzative del territorio per comprendere la ricchezza, pur nelle fatiche, di un lavoro condiviso. Immaginare che due istituzioni plurisecolari come Chiesa e Comune scelgano di incontrarsi anche attorno ai propri limiti e finitudini per essere capaci di trasformare le proprie mancanze in luoghi generativi. È come se volessimo condividere che non è in una logica di “delega” o “spartizioni” dei pesi che si può rigenerare una comunità; ma solo dalla capacità di assumere problemi insieme che ne sortisce una logica di gestione politica della povertà. Ricordando che San Paolo VI, affermava che la buona Politica era la più alta forma di Carità. A condizione di essere fatta anche con i più fragili, restituendo loro il ruolo di cittadini, con delle responsabilità, con diritti e doveri, togliendo loro lo stigma del “povero” e riconoscendo che a partire da un’accoglienza rispettosa della loro dignità a guadagnarne è tutta la città.
Che può scoprire le ferite dei più fragili come sintomi di qualcosa che non va nei nostri stili di vita, nei nostri modelli di sviluppo, e trovare al forza di ripudiare quella logica dello scarto che papa Francesco dall’inizio del suo Magistero denuncia con forza, con la capacità di sentire rivolto a sé la domanda «dov’è tuo fratello?». Le giornate non saranno occasione di dare la parola a chi ha ruoli più istituzionali, ma ai veri protagonisti del Centro, cercando di comprendere come replicare e trasferire alcuni esiti, e come generare nuove forme di coprogettazione attorno ad altri problemi sociali. Partendo da quello che c’è e con le persone portatrici di certe esigenze, e non soffermandoci solo su ciò che manca, e pensando ad interventi per chi fa più fatica.