E’ rientrata a casa, a Modena, nella serata di ieri la giovane che, a causa di un malessere, è stata ricoverata ad Istanbul alcuni giorni, nel rispetto dei protocolli internazionali: nella capitale turca infatti sono stati eseguiti accertamenti medici, che hanno portato i sanitari ad escludere il temuto virus Ebola, la ragione delle precauzioni, e anche la malaria. La giovane stava rientrando da un viaggio di conoscenza e scambio in Ciad, dove il gruppo di dieci modenesi è stato ospite dei missionari Comboniani, e il malessere l’ha colpita durante il volo di ritorno: da qui lo sbarco ed il ricovero. Nonostante il timore e le precauzioni, nessun problema, quindi, se non quelli che spesso toccano chi cambia clima, acqua, alimentazione per qualche settimana. Nulla rimane quindi ad intaccare la bellezza dell’esperienza di scambio ed incontro, che il Centro missionario diocesano Animazione e formazione propone ogni anno. Oltre un centinaio i giovani che partono ogni estate “preparati attraverso un percorso che dura alcuni mesi – come ricorda Francesco Panigadi, il direttore del centro – sia sotto l’aspetto culturale che sociale e sanitario; sono accolti da missionari italiani, nelle loro destinazioni. I giovani tornano arricchiti, consapevoli, pronti ad impegnarsi nel quotidiano, con uno sguardo capace di allargarsi oltre i confini, seppure amati, della propria città”.
Ad Istanbul, per la giovane modenese c’è stato fin dal primo momento il prezioso supporto del Consolato italiano e dei missionari Salesiani: a loro va il grazie sentito della famiglia e della comunità diocesana.
“Dormire nei locali dove spesso vengono ospitati i profughi del non lontano Darfur – afferma una delle giovani partecipanti al viaggio – ci ha fatto pensare alle nostre comode camere da letto; centellinare l’acqua nel secchio per fare la doccia ci ha ricordato le vasche da bagno. E si, ci siamo anche ammalati. Ma non c’è stato un attimo in cui abbiamo pensato “che sfortunati che siamo!”. Piuttosto abbiamo ringraziato per l’ennesima volta Dio, che ci dava la possibilità di vivere dignitosamente anche nella malattia, grazie ai soldi che ci permettevano di pagare le cure. Per ora quello che sappiamo fare è ripetere questo grazie, consapevoli che non basterà mai. E cercare di non dimenticare la gioia delle comunità in festa, dei corpi che danzano, delle voci che sempre ci hanno detto “ça va aller, on est ensemble!” “Andrà tutto bene, siamo insieme!”. Senza polemiche, senza accuse al nostro mondo, ma grati a chi ci ha concesso di partire e di tornare così ricchi”.