Il 3 dicembre si celebra la Giornata internazionale delle persone con disabilità, occasione per richiamare l’attenzione su questo ambito sociale, sia della comunità civile e sia di quella ecclesiale.
Introdotta nel 1981, questa giornata è stata poi istituita ufficialmente nel 1992 dall’Onu e un anno più tardi, nel 1993, anche la Commissione europea ha scelto lo stesso giorno per la Giornata europea delle persone con disabilità con lo scopo di promuovere i diritti dei disabili e garantire le stesse possibilità per tutti.
Le nostre comunità hanno più motivi per vivere con attenzione la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Un primo motivo riguarda da vicino le diocesi di Modena e di Carpi, in quanto proprio quest’anno, il 19 giugno 2021, don Severino Fabriani è stato proclamato venerabile da papa Francesco. Fabriani nacque a Spilamberto nel 1792 e nel 1822 fondò la Pia Congregazione delle «Figlie della Provvidenza per le Sordomute», in Corso Cavour a Modena, realizzando poi a Santa Croce di Carpi la scuola «Figlie della Provvidenza», un centro da sempre specializzato per il pieno recupero dei bambini non udenti, che dagli anni ’70 ha voluto perseguire la loro completa riabilitazione anche attraverso l’inclusione con bambini normodotati.
Un secondo aspetto risiede nella particolarità del tempo in cui viviamo, caratterizzato dalla resilienza maturata durante la pandemia che ancora «sta mettendo in ginocchio le nostre comunità cristiane, diocesane e parrocchiali» e ha messo a nudo le fragilità di ogni organismo ecclesiale e di noi operatori pastorali, evidenziando le disfunzioni e le anomalie di cui ignoravamo fossimo portatori o che nascondevamo, in qualche modo.
Infine c’è da considerare l’avvio del «cammino sinodale della Chiesa cattolica». In questa direzione ci spinge e ci guida il Vescovo Erio Castellucci, che già dal 2019 evidenziò la necessità di promuovere un’azione pastorale specifica nei confronti delle persone più fragili a causa della loro disabilità e per questo soggette ad essere emarginate, assieme alle loro famiglie.
Per rispondere a questo mandato il Servizio diocesano per l’accoglienza e la partecipazione delle persone più fragili e delle loro famiglie rivolge la sua attenzione e il suo impegno su tre ambiti: le persone con fragilità disabilitanti e/o emarginanti e alle loro famiglie; le istituzioni ecclesiali delle diocesi di Modena e di Carpi: le comunità parrocchiali, gli uffici e servizi diocesani, i centri di formazione pastorali e ministeriali; gli organismi cattolici e di ispirazione cristiana, di assistenza, di riabilitazione, di occupazione, di accompagnamento e di un supporto delle persone con le fragilità disabilitanti più gravi e alla loro famiglia. L’obiettivo principale che anima l’azione del Servizio diocesano è innanzitutto formativo, come ben sintetizzato da Papa Francesco nel messaggio in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità del 2020: «…incoraggio, per sacerdoti, seminaristi, religiosi, catechisti e operatori pastorali, una formazione ordinaria alla relazione con la disabilità e all’uso di strumenti pastorali inclusivi. Le comunità parrocchiali si impegnino a far crescere nei fedeli lo stile di accoglienza delle persone con disabilità. Creare una parrocchia pienamente accessibile richiede non solo l’abbattimento delle barriere architettoniche, ma soprattutto atteggiamenti e azioni di solidarietà e servizio, da parte dei parrocchiani, nei confronti delle persone con disabilità e delle loro famiglie. La meta è che arriviamo a parlare non più di “loro”, ma solo di “noi”. La forza di una catena dipende dalla cura che verrà data agli anelli più deboli».
Da qui consegue un secondo obiettivo che prevede l’avvio di percorsi partecipativi a livello di parrocchie e di associazioni: le persone con fragilità disabilitanti ed emarginanti, è sempre il Papa che lo ricorda, non vanno solo assistite ma va favorita la loro «partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale». Non possono poi essere trascurare le situazioni di emergenza che richiedono interventi laddove sono insufficienti o mancanti i servizi sul territorio. Un’attenzione particolare va rivolta alle famiglie che presentano «esperienze esistenziali coraggiose» di accoglienza e cura delle persone anche con grave fragilità, dove non mancano situazioni di affido e di adozione, e più in generale tutte quelle persone che operano a livello familiare come caregivers o tutori o amministratori di sostegno.
«Ascolto, ricerca e proposta», le tre parole chiave
Il cammino sinodale sembra proprio il miglior modo per uscire da una delle maggiori crisi che l’umanità abbia avuto nella sua storia recente, in quanto propone una sana prassi riabilitante della relazione interpersonale lungamente considerata solo come fonte di contagio. La forzata astinenza relazionale ritenuta, oggettivamente, necessaria, ha tuttavia richiesto un doloroso sacrificio a tutti, ma ha anche, paradossalmente, valorizzato: l’incontro con le persone, il potersi parlare e vedere liberamente, il bisogno della vicinanza gli uni degli altri e soprattutto poter stare accanto a chi desideriamo o che vogliamo bene. Già aver maturato questa consapevolezza può voler dire che non sia stata una crisi sprecata.
Le modalità operative del progetto per l’inclusione delle persone con disabilità nelle nostre comunità cristiane, espresse nel 2019, prima dell’insorgere della pandemia, sono in linea con le indicazioni dalla Cei relative al cammino sinodale avviato dalla Chiesa Italiana, ci chiedono di: «ascoltare e ricercare in ogni diocesi per individuare proposte e azioni pastorali comuni»; sollecitare l’urgenza di «un’alleanza familiare», di «una nuova stagione di solidarietà e carità».
Da questi orientamenti, il progetto inclusivo, infatti, utilizza le medesime tre parole-chiave contenute nel cammino sinodale per coinvolgere le comunità: ascolto, ricerca e proposta. Il che significa: ascoltare la situazione; cercare quali linee di impegno evangelico sono immaginabili e praticabili; proporre scelte concrete che ciascuna comunità parrocchiale può recepire.
Nell’introduzione all’avvio del cammino sinodale il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, offre indicazioni da seguire per realizzare un buon cammino e, soprattutto, «lasciandoci guidare dai frutti che abbiamo raccolto dall’albero del Concilio». In questa prospettiva e in un contesto come quello attuale, ancora una volta le parole di papa Francesco risuonano chiare e profetiche: «lasciamoci contagiare dal bene e contagiamo con il bene» e, per questo, «bisogna favorire la cultura dell’incontro per sconfiggere la cultura dell’esclusione pregiudizio».
Gabriele e Raffaella Benatti, incaricati del Servizio diocesano per l’accoglienza e la partecipazione delle persone più fragili e delle loro famiglie in parrocchia