«I giovani non ci ascoltano? E perchè dovrebbero?», questa la domanda alla quale sono stati invitati a rispondere mercoledì sera, davanti a un Forum Monzani da tutto esaurito, l’arcivescovo Erio Castellucci, l’imprenditore Stefano Sala e il giovane scrittore Giacomo Mazzariol, «interrogati » dall’insegnante e scrittore Franco Nembrini su un palco, che, per l’occasione, li vedeva schierati sui banchi, come a scuola.
La serata, organizzata da Compagnia delle opere Emilia e dal centro scolastico La Carovana, ha acceso i riflettori sul rapporto intergenerazionale e sull’attualissimo tema dell’emergenza educativa. A introdurre l’evento, il presidente di Cdo Emilia Leo Barozzini che ha illustrato la genesi dell’iniziativa. L’educazione oggi, come ha sottolineato Nembrini, sembra «un incontro fra due generazioni che non si parlano». Nembrini, una vita spesa nell’educazione, ha sottolineato che «Il problema educativo non è dei ragazzi, ma di un sistema che sembra individuare la soluzione nell’espulsione del “problema”: questo può accadere nella scuola, sul lavoro e persino nella Chiesa. Servirebbe qualcuno che si accorga del ragazzo, si chini e scommetta su di lui, come fa san Paolo con il piccolo Eutico (At 20,10)».
La centralità della relazione è stata al centro dell’intervento di Castellucci: «Si dice che i giovani oggi non sono affascinati dalle istituzioni. Forse sarebbe meglio dire che accettano anche l’istituzione, quando è frutto di una relazione. Direi che i giovani non ci ascoltano perchè noi non li abbracciamo e non li ascoltiamo». L’arcivescovo ha messo a fuoco due caratteristiche di Gesù, la capacità di trovare «le zone buone» delle persone e quella di «lasciare liberi», aggiungendo: «Con i giovani non bisogna essere “seducenti”, ma “conducenti”, saperli accompagnare».
Stefano Sala, imprenditore milanese e fondatore di Cdo Accademy, ha raccontato la scoperta del ruolo educativo del lavoro per giovani che «spesso, con la crisi della famiglia, hanno il primo incontro con la realtà e con le regole quando entrano nel mondo del lavoro». Giacomo Mazzariol, ventunenne, ha respinto la definizione di «generazione seduta » per i suoi coetanei. «Io li vedo come una generazione di “squali” in un mare digitale nel quale si muovono con disinvoltura, ma spesso senza una guida – ha detto il giovanissimo scrittore –. Oppure come dei supereroi fragili: vivono di impressioni e hanno una soglia di attenzione di 8 secondi, ma se qualcosa li cattura, da 8 diventano 18mila».
Come accompagnare i giovani? «Una persona lavora bene se capisce a cosa serve il suo lavoro: dire ai giovani che il mondo ha bisogno di loro è importante – ha spiegato Sala –. I giovani non sono “persone che sanno un po’ di meno”, ma coloro che ci obbligano a capire se le risposte che noi abbiamo dato ai problemi della vita funzionano». La strada da percorrere insieme diventa più importante delle informazioni da trasmettere. «Quando penso alla strada, penso a tante camminate insieme ai giovani in montagna: come adulto, non posso stare seduto alla meta e dare indicazioni – ha concluso Castellucci –. Anche l’adulto viene educato lungo il cammino: si educa e si viene educati». La serata è terminata con un brindisi natalizio e la possibilità di contribuire alla raccolta fondi della fondazione Avsi, attiva nell’ambito del volontariato internazionale.