La Chiesa di Modena-Nonantola è pronta ad accogliere un nuovo sacerdote.
Sabato 18 settembre, Luca Piacentini giungerà alla tappa più importante del suo cammino: nella chiesa di Sant’Agostino, dove lo scorso 24 ottobre fu ordinato diacono, riceverà l’ordinazione presbiterale per l’imposizione delle mani dell’Arcivescovo Erio Castellucci. La celebrazione avrà inizio alle 20.30 e, per ragioni organizzative legate al rispetto delle norme anti-Covid, sacerdoti e diaconi che intendono partecipare dovranno comunicarlo entro mercoledì scrivendo una mail a segreteria@modena.chiesacattolica.it o telefonando al numero 059 2133881.
Luca Piacentini, 35 anni, è originario della parrocchia di San Bartolomeo Apostolo a Formigine, dove il giorno successivo all’ordinazione presiederà la sua prima Messa alle 11.30, e ha maturato la vocazione al termine degli studi universitari; laureato in Ingegneria informatica, durante le prime esperienze lavorative ha ricevuto e accolto la chiamata del Signore: «Avevo 28 anni – racconta – e in quel momento tutto stava andando “a gonfie vele”. Lavoravo a Maranello e nei colleghi avevo trovato una seconda famiglia, dopo una prima esperienza più difficile a Reggio Emilia; in più ero impegnato al sabato pomeriggio in un’associazione di volontariato con ragazzi diversamente abili. A Formigine avevo sempre frequentato attivamente la parrocchia, molto prima di laurearmi, tra catechismo, gruppo del presepe, centri estivi, doposcuola, campeggi, pranzi e cene; conoscevo bene suor Piera Doninelli, responsabile dell’oratorio, oltre a parroco e viceparroco di allora, don Giuliano Gazzetti e don Filippo Serafini. In parrocchia ho dunque trovato tanti amici e respirato un clima familiare, avvicinandomi sempre più al Signore. In un breve lasso di tempo, verso la fine del 2014, ho ricevuto tanti piccoli input, da diverse persone, che trovavano una corrispondenza in ciò che provavo dentro di me. Così, a settembre del 2015, ho pensato seriamente di entrare in Seminario. Non era una scelta semplice, perché sapevo bene quello che lasciavo, ma al tempo stesso era anche una scelta in continuità: se il Signore voleva che prendessi questa strada, mi avrebbe fatto ritrovare tutto e ancor più di quello che avevo prima».
Nel cammino in Seminario, Piacentini ha vissuto anche momenti di prova: «Di fronte ai dubbi o al senso di inadeguatezza che poteva sopraggiungere, quando mi mettevo in discussione, ho sempre trovato ascolto e sostegno. C’era sempre qualcuno che mi riconfermava: gli amici e tutti i formatori, a partire da don Federico Pigoni e don Maurizio Trevisan. In quel momento ho capito che il Signore ci vede in maniera diversa da come noi ci vediamo. C’è un’immagine simpatica, che in questo senso mi ha fatto sorridere e riflettere: durante il primo lockdown per l’emergenza Covid-19, quando è stato deciso di farci tornare a casa per evitare il contagio, è nato mio nipote Matteo; in una videochiamata l’ho visto piangere a dirotto in braccio al marito di mia sorella, che invece aveva il sorriso. Mi sono detto che, in un certo senso, è così anche per noi: il Signore ci lascia sfogare, scontrare con le difficoltà della vita e della vocazione, ma magari sorride mentre noi vediamo tutto buio e pesante; Lui guarda ogni cosa da un punto di vista diverso rispetto al nostro, con più leggerezza e con tenerezza».
Don Luca Piacentini ha discusso venerdì la tesi di baccellierato «La santificazione del lavoro in san Josemaría Escrivá» ed esposto la “ lectio coram” sempre dedicata al tema della santificazione del lavoro, con aspetti biblici, storici e dogmatici: «Già prima di entrare nel mondo del lavoro mi ero interessato alla figura di san Josemaría, lo invocavo come santo e protettore, mi ritrovavo nei suoi scritti. Mi piacevano il suo stile diretto, ironico e tagliente, che forse oggi definiremmo tradizionale ma con una sensibilità moderna, e le sue idee in merito al rapporto tra i cristiani e la società: la condivisione con gli altri “dall’interno”, non esibendo l’etichetta di cattolico, l’apostolato di amicizia e di confidenza, che mi sembrava di aver vissuto nella mia esperienza lavorativa, e l’integrazione armonica tra fede e vita, un aspetto che ritengo molto attuale».