Seconda tappa nel cammino di vescovo e giovani modenesi verso il Natale 2018. Lo scorso martedì sera, presso la chiesa di San Giovanni Bosco, ospite d’onore è stato padre Jean Paul Hernandez, gesuita originario della Svizzera e da anni in Italia dove ha vissuto tra Bologna, Roma e Napoli. Al centro della serata la parola di Dio nel cuore dei giovani: l’arte del discernimento fra l’esperienza vocazionale di ogni persona e il sinodo sui giovani, a cui Padre Hernandez ha partecipato come esperto, in appoggio ai vescovi e cardinali presenti.
«La Parola del Signore – ha spiegato padre Hernandez nel suo intervento, costruito a partire dalla chiamata di Dio nel libro di Geremia – è una parola performativa, riesce cioè a realizzarsi immediatamente, a creare ciò che non esiste. In tutta la Bibbia è così. C’è solamente un’eccezione: il cuore dell’uomo. È l’unico spazio di tutta la creazione in cui la Parola si ferma e chiede il permesso per potere andare avanti. Dio chiede la tua collaborazione per portare avanti la sua creazione e allora la vocazione è collaborare con Dio, dire l’ultima parola della creazione».
Proprio il discernimento vocazionale è stato al centro della riflessione nel sinodo delle settimane scorse. «La cosa che maggiormente mi ha colpito del sinodo – ha confidato padre Hernandez – è stato vedere come vescovi e cardinali abbiano nel cuore le stesse nostre paure, forse gli stessi nostri dubbi . Mi ha colpito l’umiltà di molti grandi personaggi e la loro docilità a cambiare rotta. I primi giorni erano tutti impegnati nel proporre soluzioni, nel dire cosa era necessario fare per una pastorale giovanile efficace. Tutte ricette interessanti. Poi però nella preghiera e nella condivisione hanno capito che il punto centrale era un altro: forse non è una questione di marketing o di mercato, forse il Signore ci invita semplicemente alla conversione nostra e delle nostre comunità, a una radicalità diversa. Forse dobbiamo cambiare il nostro modo di essere comunità, diventare davvero innamorati e appassionati di Cristo».
Ma la grande storia della Chiesa si realizza nella vocazione di ogni cristiano. E proprio lì padre Hernandez ha concentrato la sua attenzione. «Il cammino vocazionale parte dai tre verbi usati in questo episodio da Geremia. Gesù ti conosce, cioè ti ama così come sei, a partire dalle tue miserie. Gesù ti consacra perchè ti sceglie, ha con te una relazione personale, non ama tutti “in generale” ma si ricorda il nome di ciascuno. Infine Gesù ti stabilisce profeta delle nazioni perché ti rende stabile nella tua identità, soolo il Signore sa dirti chi sei. E lo fa rendendoti profeta, portatore di una parola necessaria per il mondo, anche per chi non è nella Chiesa. Ognuno di noi ha una parola da dire che è solo sua e Dio ha già messo quello parola nel nostro cuore. E noi abbiamo sempre paura, ci sentiamo inadeguati».
E, in questo senso, è fondamentale saper riconoscere la voce che parla dentro di noi, ha spiegato il gesuita: «Esiste una voce, quella dell ‘accusatore, che ti dice “fai ridere, non sei capace di fare niente, fai schifo”. È una voce che ti blocca, che parte sempre da qualcosa di vero per impedirti di realizzare la parola che è in te. Poi c’è invece una voce, quella del Signore, che a partire dai tuoi limiti costruisce la tua vocazione. La vocazione non viene dai tuoi pregi o dai tuoi titoli, ma dalle tue ferite. La vocazione è la trasfigurazione delle nostre ferite, dei nostri peccati, del peggio di noi. Dobbiamo imparare a riconoscere chi ci sta parlando: sarà la voce dello Spirito Santo a realizzare in noi quella promessa. La Parola del Signore è performativa, riesce a creare ciò che non esiste In tutta la Bibbia è così. C’è solo un’eccezione, ed è il cuore dell’uomo Questo è l’unico spazio in cui la Parola si ferma e chiede il tuo permesso per potere andare avanti», ha concluso il gesuita.
Oggi l’ultima tappa del percorso d’Avvento proposto dal Servizio di Pastorale Giovanile sarà nella chiesa di San Francesco, con la liturgia penitenziale guidata dal vescovo Erio Castellucci.