«Voi non siete mezzi preti e mezzi laici – questo sarebbe “funzionalizzare” il diaconato –, siete sacramento del servizio a Dio e ai fratelli. E da questa parola “servizio” deriva tutto lo sviluppo del vostro lavoro, della vostra vocazione, del vostro essere nella Chiesa. Una vocazione che come tutte le vocazioni non è solamente individuale, ma vissuta all’interno della famiglia e con la famiglia; all’interno del Popolo di Dio e con il Popolo di Dio». Così Papa Francesco ha parlato dei diaconi permanenti, in occasione della visita pastorale a Milano, il 25 marzo 2017. Parole estremamente attuali per commentare lo spirito delle ordinazioni diaconali che saranno celebrate sabato 26 ottobre alle 20.30 in Duomo: infatti, solo uno tra i cinque ordinandi, il seminarista Filippo Casadio (29 anni, Formigine) riceverà l’ordinazione in vista del conferimento del presbiterato. Gli altri quattro – Andrea Borsari (58 anni, Bomporto), Alberto Brini (62 anni, Campogalliano), Pietro Lancellotti (60 anni, Formigine) e Giorgio Sartoni (60 anni, Fiorano) – saranno diaconi permanenti. Si tratta di uomini coniugati, in alcuni casi già nonni, che si aggiungeranno agli 87 diaconi permanenti ordinati a Modena dal 1982 al 2018.
Una figura recentemente ristabilita, quella del diacono permanente, che spesso i fedeli confondono con un «surrogato » o con un «collaboratore» del parroco. Durante un incontro di formazione, nel febbraio 2016, l’Arcivescovo Erio Castellucci sottolineò: « Non mi sembra allora adeguata la presentazione del ministero ordinato a gradini, quasi che il presbitero sia intermediario tra il vescovo e il diacono. È meglio pensare, semmai, al diacono e al presbitero come alle due braccia del vescovo, che ne rendono presente il ministero pastorale nelle comunità territoriali e ambientali. Il presbitero rappresenta il vescovo presiedendo la comunità che si raduna attorno all’Eucaristia; il diacono rappresenta il vescovo servendo le persone nelle loro necessità ed orientandole alla comunità. Entrambi i ministeri sono quindi in contatto diretto con il vescovo e indiretto – ma necessario poiché la Chiesa è comunione – tra di loro ». Ritornando al discorso milanese di Papa Francesco del 2017 dal quale siamo partiti, emerge così la natura complessa del diaconato. Infatti, ha detto Papa Francesco, «non c’è servizio all’altare, non c’è liturgia che non si apra al servizio dei poveri, e non c’è servizio dei poveri che non conduca alla liturgia; non c’è vocazione ecclesiale che non sia familiare ». Ciò va in controtendenza rispetto alla sensibilità odierna: «oggi sembra che tutto debba “servirci”, come se tutto fosse finalizzato all’individuo: la preghiera “mi serve”, la comunità “mi serve”, la carità “mi serve”». Invece, conclude il Papa, i diaconi permanenti sono «il dono che lo Spirito ci fa per vedere che la strada giusta va al contrario: nella preghiera servo, nella comunità servo, con la solidarietà servo Dio e il prossimo».