Avviare un percorso di sensibilizzazione sulla condizione carceraria, oggi connotata da un disagio crescente, per attivare sul territorio gruppi di lavoro autonomi nell’elaborazione di micro–progetti sui diritti dei detenuti e sull’avvio di esperienze di lavoro per gli stessi, non solo nel periodo del fine– pena.
Questo è l’obiettivo che si è posto il convegno online «Dal disagio al riscatto. Testimonianze sulla condizione carceraria e sulle prospettive di reinserimento nella società», promosso dalla Consulta diocesana per la Cultura dell’Arcidiocesi di Modena–Nonantola e dal Csi Modena, che sul territorio è attivo attraverso lo sport anche nell’area dell’inclusione sociale con progetti nelle strutture detentive.
Il frutto di un lavoro di gruppo – con volontari penitenziari, operatori sportivi, ex detenuti, familiari di detenuti e insegnanti – avviato durante il lockdown anche a seguito della rivolta nel carcere di Sant’Anna dello scorso 8 marzo: «Una rete di realtà cittadine – ha commentato don Paolo Boschini, responsabile della Consulta diocesana per la Cultura – che può tenere accesa l’attenzione, sensibilizzare le coscienze sul tema dei diritti fondamentali e del loro riconoscimento effettivo, creare spazi di cittadinanza attiva e di umanizzazione di quelle zone d’ombra della nostra società, di cui fa parte anche il carcere e chi lo abita».
Del gruppo di lavoro fanno parte Csi Modena Volontariato, parrocchia Bva, Camera penale Carl’Alberto Perroux, Carcere Città, Comunità Cristiana del Villaggio Artigiano, Porta Aperta, Consorzio di solidarietà sociale Css Modena, Irecoop e Confcooperative ma anche l’istituto Fermi, che con alcune classi del 5° anno ha svolto attività educative nel carcere cittadino. Tutti hanno promosso il convegno, che ha contato oltre 140 iscrizioni, «il punto di partenza di un progetto molto più ampio», ha spiegato Emanuela Carta del Csi.
Il saluto iniziale è stato affidato ai sindaci di Modena e Castelfranco, Comuni che hanno patrocinato l’evento insieme al Csv Terre Estensi. «Creare ponti tra città e carcere», hanno ribadito Gian Carlo Muzzarelli e Giovanni Gargano, puntando su cultura e senso di responsabilità anche per contrastare un clima generale di «cuori sempre più induriti sul tema carcere».
Il Vescovo Erio Castellucci ha raccontato la sua «scoperta» del carcere, dai detenuti a chi si occupa di loro, un’esperienza vissuta da vicino proprio dal suo arrivo a Modena e capace di fargli «vedere tanto bene, che è presente e aspetta solo di esprimersi».
Il Vescovo ha anche raccontato della lettera inviata alle parrocchie durante il lockdown per chiedere «una particolare attenzione alla situazione delle persone detenute in semilibertà al fine di poterle accogliere», aggiungendo di averlo fatto lui stesso così come il Seminario e il centro Papa Francesco della Caritas: «Tutte esperienze molto positive».
Il convegno si è dunque articolato in una serie di riflessioni e testimonianze, a partire da quelle di Alessandra Pini, ex insegnante nel carcere di Sant’Anna. Vittorio Laviola, psichiatra co–responsabile del programma di medicina penitenziaria dell’Ausl di Modena, ha introdotto il tema della condizione di disagio psico–fisico in cui vivono i reclusi e al termine del suo intervento è stata letta la testimonianza di un ex detenuto.
La parola è poi passata a Matteo Marchetto, presidente della cooperativa sociale Work Crossing di Padova, per parlare di carcere e lavoro. Hanno concluso il convengo Paola Cigarini del gruppo Carcere–Città («I mancati diritti dei detenuti»), la moglie di un detenuto («Il punto di vista dei familiari»), Rossana Ferrari («L’orto bio–solidale»), Giuseppe Caserta di Irecoop («Formazione e orientamento al lavoro») e Alberto Ganzerli del Css Modena («L’esperienza degli inserimenti lavorativi»).