Lo scorso 25 ottobre, nell’anniversario della morte di don Adriano Fornari, la Caritas diocesana ha festeggiato i suoi primi 40 anni con il passaggio del testimone tra Giuseppina caselli ed Eros Benassi, nel ricordo – non sterile memoria, ma presenza e guida – del sacerdote che tanto si è impegnato per coltivare nella nostra comunità diocesana questo a spetto fondante del nostro essere Chiesa.
La giornata è stata aperta da mons. Lanfranchi, che parafrasando Anselm Grün ha parlato dei 40 anni come tempo di grazia, per innestare nuove scelte sull’ispirazione originaria. Don Adriano, l’uomo fatto carità, come in fondo dovrebbe essere per tutti i cristiani. La carità infatti, prima di essere una virtù, è una persona, Dio. E questa dimensione è quindi costitutiva del cristiano, con l’evangelizzazione e la celebrazione, qualcosa di intimo e naturale, inscindibile dalla fede. Creatività e semplicità sono lo stile con cui dare risposta alle povertà di sempre ed a quelle del nostro tempo: la Caritas non è quindi l’ente a cui si delega la carità nelle comunità, serve a favorire la comunione, che genera fraternità.
“Osservare, ascoltare, discernere, agire è il metodo che Caritas ha scelto, attuale ad ogni livello – ha affermato Giuseppina Caselli – ed è il discernimento la parte più difficile, perché si vive in esso la dimensione contemplativa. Vogliamo individuare gli elementi che servono alla nostra vita per farci contagiare dalla gioia del Vangelo”.
Una guida in questo senso è venuta da mons. Douglas Regattieri, Vescovo di Cesena-Sarsina e delegato Episcopale per la Carità della Regione Ecclesiastica Emilia Romagna. Anche lui ha ricordato che la carità definisce Dio prima di tutto. Per noi richiede tre conversioni, esemplificate dalla parabola del padre misericordioso: la conversione da servi a figli, la dignità che riscopriamo nell’amore del padre e la tensione ad un amore gratuito e radicale. Queste due caratteristiche si incontrano nella croce, e ci chiediamo se per noi uomini è possibile amare in questo modo. Spesso, anche nella Caritas, abbiamo una concezione contrattuale dell’amore, ma abbiamo anche ricevuto il suo spirito, che ama in noi.
Per questo, se ne siamo consapevoli, possiamo fare cose grandi, ed è qui che si vede la nostra specificità cristiana, ma per far vedere questo amore, dobbiamo liberarci di quanto non gli permette di splendere, come egoismo, orgoglio, criteri umani. E non dobbiamo temere che l’amore di Dio renda meno urgente l’appello che viene dai bisogni dell’uomo.
Anche nel mondo più giusto possibile sarebbe comunque necessaria la carità.
Alcuni principi di lavoro: la Caritas è un organismo pastorale, non deve cedere al delirio di onnipotenza del “fare”, ma coinvolgere la comunità perché tutti si prendano cura dei poveri. E’ necessario preoccuparsi più del senso che dei risultati, e non perdere ami di vista la dimensione profetica: il profeta non è colui che grida e denuncia, ma che vive sulla sa pelle quello che dice agli altri. La prossimità, il fare in modo che chi è nel bisogno sappia che qualcuno si è fermato e ha speso tempo per lui.
Dopo l’intervento di mons. Regattieri, alcuni testimoni si sono alternati per dare voce al ricordo di don Fornari, un vero profeta della carità: Marco Coltellacci, che ha ricordato il suo modo di guardare oltre i confini, Manuela Di Grazia ed il suo quotidiano, in un vocabolario fatto di attenzione e tenerezza. Franco Messora ed il suo coraggio di interpellare direttamente le persone, Giuseppina Caselli che ha testimoniato la “maternità” del sacerdote, don Federico Pigoni che ne ha ricordato la paternità nella direzione spirituale.
Mons. Lanfranchi , ringraziando Giuseppina Caselli per il lavoro dei suo 13 anni in Caritas, ed Eros Benassi per la disponibilità a raccogliere il testimone, ha ricordato come una chiave di reciprocità valorizza il povero, rispetta la sua dignità e lo considera in grado di dare anch’egli un contributo alla società.
“Comincerò il mio percorso osservando, ascoltando, affiancandomi – ha detto Benassi – pendendo anche ordini da Giuseppina, e cercando di mettere a servizio le competenze che con i giovani ho maturato nel mio percorso”.
Di nuovo alle parole di Giuseppina Caselli le prospettive del futuro della Caritas nella nostra diocesi: dopo il primi 30 anni, in cui le opere sono nate e si son consolidate, quando si pensava che anche la crescita economica non avesse fine, opere che sono oggi alberi frondosi, anche a centro di altri giardini, gli anni 2000 sono stati quelli della capillarità, della responsabilità diffusa nelle parrocchie, condivisa, dello sforzo di attirare i giovani con proposte di servizio che sono un orientamento per la vita adulta.
Il percorso 2013/2015 va verso una rete diocesana delle Caritas, con una lettura positiva delle restrizioni economiche, facendo dei limiti una potenzialità di sviluppo. Nel momento del bisogno legato al terremoto, ha concluso Giuseppina, abbiamo sperimentato una grande fraternità. Continuiamo a camminare, perché non la quantità, ma il processo è l’indicatore del risultato.
Nuovi orari di apertura per gli uffici della Caritas Diocesana
Si comunica che dal mese di ottobre l’Ufficio della Caritas Diocesana ha individuato orari fissi di apertura, al fine di poter garantire a quanti vi si rivolgono la disponibilità di un operatore.
Gli orari di apertura al pubblico pertanto saranno:
– il lunedì mattina dalle 9.00 alle 13.00
– il giovedì mattina dalle 9.00 alle 13.00
Nelle altre giornate gli operatori, anche se presenti, saranno impegnati nelle progettazioni dell’Ufficio o in altri servizi.
Chi avesse urgenza di contattare l’Ufficio potrà comunque continuare a scrivere alla mail caritas@modena.chiesacattolica.it e sarà contattato appena possibile per rispondere alle richieste o fissare un appuntamento.