Mons. Paolo Losavio, Vicario generale della Diocesi negli anni dell’episcopato di mons. Cocchi, lo ha così ricordato al termine della liturgia funebre.
E’ con profonda commozione che abbiamo vissuto questa eucarestia, raccolti in preghiera intorno a mons. Cocchi, ritornato in mezzo a noi dopo 7 anni vissuti presso la Casa del Clero di Bologna, 7 anni di sofferenza e di silenzio, avvolti nel misterioso disegno della volontà di Dio. S9ono certo di interpretare i sentimenti di tutta la comunità ecclesiale di Modena, esprimendo la nostra riconoscenza per gli anni in cui è stato per noi guida illuminata e paterna, pastore buono; per i 14 anni di servizio episcopale a Modena, durante i quali si sono fatti sempre più profondi e significativi i rapporti che hanno legato la nostra Chiesa a mons. Cocchi e mons. Cocchi a Modena, diventato autentico punto di riferimento per tutti: la sua presenza e la sua azione sono state una ricchezza per tutti noi.
Ricordiamo con immensa gratitudine la sua grande umanità, la sua paternità; il suo rispetto per ogni persona, la sua capacità di porsi in relazione con tutti e di creare sempre contatti, mai formali, sempre autentici ed immediati. Sono stati anni densi, in cui mons. Cocchi ci ha dato una preziosa testimonianza di dedizione e disponibilità. Vogliamo dirle grazie: difficilmente quegli anni si potrebbero pensare più pieni.
Egli ha guidato la nostra Chiesa con sapienza e bontà. Ci ha indicato, soprattutto attraverso le sue 14 lettere pastorali, un preciso cammino. C’è un filo rosso molto evidente che percorre tutta l’opera e l’insegnamento di mons. Cocchi, a cui ci ha richiamati continuamente: l’impegno per la missione, per una chiesa sempre più “comunità missionaria”. Non possiamo dimenticare certe sue espressioni forti, in sorprendente sintonia con il magistero di Papa Francesco.
Il nome della pastorale del 2000 è “missione”, E’ la natura stessa della Chiesa che lo vuole. E’ la situazione culturale in cui il Signore ci ha chiamati ad esistere. essere cristiani ed essere in atteggiamento di missione è la stessa cosa. La missione non è un’attività episodica, ma è il modo di essere del cristiano. La missione non è un fatto straordinario, ma si inserisce in un contesto ordinario di missionarietà permanente. Se pur ferventi, noi restiamo chiusi nei nostri gruppi, nelle nostre sedi, non saremo la Chiesa del Signore Gesù, ma una chiesuola su nostra misura. La Chiesa non è autocentrata, non è per sé, ma per il mondo. Fare missione non è solo mettere in piedi una serie di iniziative: è riscoprire ciò che il cristiano è, ciò che la Chiesa è. La missione appartiene al suo codice genetico. Occorre dare alle nostre parrocchie un respiro più missionario, che le faccia sentire non tanto parrocchia di chi viene, ma comunità per chi non viene.
Questo è il cuore del magistero di mons. Cocchi. La missione è il modo di essere cristiani, una costante essenziale della Chiesa. No è impegno di qualcuno soltanto, ma di ogni credente. La missione appartiene all’intero popolo di Dio. Non “missione al popolo”, ma “un popolo in missione”. Tre i verbi della Chiesa in missione indicati da mons. Cocchi, da coniugare in stretta connessione e contiguità: ascoltare, condividere, annunciare. Non c’è annuncio efficace se non è preceduto e accompagnato dall’ascolto e dalla condivisione. Sono i tre verbi da coniugare continuamente, da ogni credente e dalla comunità.
Due altri obiettivi vorrei ricordare del suo magistero ricchissimo. L’Eucaristia cuore della vita di una comunità: indicata fin dall’inizio del suo ministero episcopale a Modena tra gli obiettivi del Progetto di riferimento, da perseguire sempre oltre i programmi annuali. E’ l’Eucarestia che forma la Chiesa e che la fa missionaria. Non possiamo dimenticare a questo proposito lo slogan da lui a noi offerto: “Bisogna portare la vita nella messa e portare la messa nella vita”. Prezioso! Non è senza significato che il suo episcopato a Modena si chiuda con il Congresso eucaristico diocesano del 2009.
Il terzo tema: la parrocchia, chiamata a farsi luogo in mezzo alle case degli uomini, radicata nel territorio, espressione della volontà di presenza della Chiesa all’interno del vissuto umano, solidale con la vita della gente, soprattutto con ogni uomo che soffre. La lettera pastorale del 2003, nel cuore del suo episcopato, “Ho un popolo numeroso in questa città”, è la più bella, oserei dire un vero capolavoro.
Voglio anche ricordare la sua sensibilità per gli ultimi. Gli incontri con gli ammalati nelle case e negli ospedali, la promozione delle Caritas parrocchiali e dei Centri d’Ascolto in ogni parrocchia. E non possiamo dimenticare gli impegnativi anni di presidenza nazionale della Caritas dal 1997 al 2003.
Ricordo ancora le sue omelie, mai ovvie e scontate, sempre originali e stimolanti, sempre capaci di rendere la Parola penetrate, cioè tale da farla scendere in ogni piega del cuore umano, di ogni situazione concreta della vita umana.
Così non possiamo dimenticare le 12 lettere alla città: fu lui ad inaugurare questa tradizione. Ogni anno esprimevano, in occasione della festa di San Geminiano, attenzione ai problemi della città, al mondo modenese, tutte orientate a dare un’anima, un supplemento di spiritualità alla città, a stimolare il valore del dialogo, l’accoglienza vicendevole, il rispetto di tutte le componenti della vita cittadina, l’accoglienza dei nuovi modenesi, la corresponsabilità per il bene comune e a riconoscere l’altro sempre come dono. Esprimevano sempre attenzione ai segni del tempo e ai mutamenti profondi della società, cogliendone aspirazioni ed inquietudini. Rivelano un pastore attento, partecipe, profondo nelle analisi in una società sempre nuova.
Voglio ricordare infine il Convegno della montagna (2002-2003): “Occorre guardare alla montagna con stima e con affetto, rispettarla e amarla: in un mondo assordante, pieno di rumori sgraziati, abbiamo bisogno dell’eco, della risonanza di pace, di umanità di spiritualità che le montagne sanno ancora rimandarci”.
Mons. Cocchi ha lasciato un ricordo indelebile a Modena, nella comunità cristiana e in quella civile. Grazie, Monsignore, Dio padre la ricompensi e la accolga nella sua dimora di luce e di pace.