Un anno fa li abbiamo incontrati per la prima volta, i 13 giovani, erano 14 all’inizio, ma uno ha rinunciato a settembre scorso, che, hanno trascorso gli ultimi 12 mesi nel servizio civile volontario grazie ai tre progetti della Caritas modenese, La miniera dei sogni, per l’area minori, Una città diversa e Ponti nella città, per l’area del disagio adulto. Lo scorso lunedì una serata per tirare le somme dell’esperienza e festeggiare insieme, giovani, alcuni genitori, responsabili delle sedi di servizio, nell’attesa che, si spera a marzo, esca il nuovo bando. Il posto di questi 13 giovani, infatti, al momento è vuoto e nessuno sta proseguendo nelle attività da loro sostenute nei diversi centri.
Hanno realizzato un video che racconta, in modo diretto, che cos ha significato per loro questo viaggio di un anno: cambiare lo sguardo sulle persone, la città ed i suo spazi, ma soprattutto sul proprio modo di essere cittadini.
Paolo Rabboni, nell’introduzione, ha raccolto il lavoro di verifica fatto al termine del servizio: “Il vostro lavoro si è volto in un anno complesso, per molte sedi, con problemi nuovi oltre alla routine. Un anno che però ha permesso a ciascuno di voi di comprendere che cosa aggiustare di se stesso”.
La presenza dei volontari in servizio, nei diversi centri, è stata significativa per molte ragioni: l’interazione con giovani, figure non istituzionali, che hanno creato una relazione con il mondo di fuori, portando la loro freschezza, la possibilità di offrire esperienze non possibili senza di loro, ma anche l’esercizio di alcuni diritti di cittadinanza quotidiana, come fare la coda dal medico. Ha permesso ai responsabili dei progetti di avere spazio da dedicare alla gestione complessiva: insomma, una vera ricchezza, per tutti. E al momento, in attesa del nuovo bando, forse a marzo, tutto questo è sospeso
“Per molti di voi – ha continuato Rabboni – è stata la prima esperienza a contatto con la fragilità, avete sperimentato i vostri limiti e pregi, la pazienza, l’autonomia, la responsabilità. per alcuni l conferma di un percorso scelto negli studi, per altri la scoperta delle priorità a cui orientare la propria vita. Alcuni hanno scoperto ed apprezzatola propria famiglia di origine, definendo il passaggio alla vita adulta”.
La difesa della patria passa dalla difesa delle persone fragili, a rischio devianza, dal pregiudizio, dallo stigma, dalla svalutazione, dalla ghettizzazione; persone considerate di poco valore, perché non producono profitto, aiutandole a far valere i loro diritti. Il diritto allo studio, ad essere allegri, a fare una vita normale, ad avere amicizie, ad esprimere emozioni e risorse nel teatro.
La difesa della patria è un’esperienza di giustizia e solidarietà, di non violenza e di ascolto, anche di chi è più provato ed aggressivo, di cittadinanza attiva, testimonianza nelle scuole, per vincere l’ignoranza e la diffidenza. La paura infatti nasce dal non sapere e genera violenza.
Serena Muracchini, responsabile della formazione conclude l’incontro: “Il servizio strutturato finisce oggi, ma potete portarlo nella vita e nelle scelte quotidiane, raccontando, perché altri possano godere della stessa opportunità, con le vostre scelte di cittadini, nell’attenzione gli altri, nelle relazioni, nelle comunicazioni. Stare in gruppo è generativo: l’incontro con i nuovi giovani volontari è una ricchezza anche per noi, che ripensiamo ogni volta al senso di quello che proponiamo”.
Con i volontari ci sono i loro responsabili ed alcuni genitori: “Inizialmente perplessi – come ammettono quelli di Valeria, la più giovane del gruppo – ma poi sorpresi nel vedere l’evoluzione, i cambiamenti, le cose che nostra figli ha imparato, materialmente ed emotivamente: prendersi cura senza farsi travolgere, la perdita, l’equilibrio nelle relazioni, il superamento dei pregiudizi: tutto questo è arrivato grazie ai 12 mesi di servizio, che hanno fatto bene anche a noi. Lo consigliamo? Sì, senza esitazioni”.
I volontari sono
Lucia Gagliardi, fioranese, ha svolto il servizio al babele; Fabio Bravaglieri, di Campogalliano, all’Oratorio del suo paese; per Nicole Martinelli, la sede del servizio è stata l’istituto Charitas. Cristina Contini e Valeria Scardino hanno avuto come sede Casa San Lazzaro; Carolina Poggianella, ha prestato servizio al centro Torre Muza. Svetoslav Bandov, bulgaro, e Aymen Jabari, tunisino, entyrati grazie al bando regionale per i giovani stranieri, hanno lavorato a Porta Aperta. Angela Tortora, calabrese, era in servizio a San Pancrazio, con i minori stranieri.
Da Nonantola, Cecilia Piccinini ha portato al Net garage di Animatamente la sua esperienza:; Martina Ascari si è impegnata al centro diurno per ragazzi delle medie della coop Piccola città. Maureen Onyedekwe era al bar Arcobaleno del Ceis; Giulia Bertelli, era alla comunità La Barca, Lucrezia Albino, era in servizio alla Città dei Ragazzi