“Il terremoto ha distrutto gli edifici, non la Chiesa viva”

 
Carissimi fratelli e sorelle è la voce del cuore che ci ha portato qui, spinti dal bisogno umano e cristiano di farsi consolatori gli uni degli altri. Se gli effetti nefasti del terremoto si fanno sentire su questa popolazione, è tutto il nostro territorio a sentirsi ferito. Allora non abbiamo vergogna a dire che abbiamo bisogno di conforto. Facciamo nostre le parole di Gesù: nel mondo avete tribolazione, ma abbiate coraggio. Vi trasmetto la vicinanza di Benedetto XVI che ha incontrato i vescovi delle popolazioni che hanno subito il terremoto, per incaricarci di portare il saluto ed un gesto concreto di generosità. Abbiate coraggio! Il terremoto ha danneggiato e distrutto, le scosse rendono lontane le persone di casa. Il terremoto ha distrutto le chiese, ma non quella comunità che stasera e qui, per prendere coscienza dell’importanza di essere comunione di doni nello spirito.
Assomiglia all’esperienza degli israeliti che tornano trovando Gerusalemme ridotta a un cumulo di rovine. Non ebbero dubbi e partirono dalla parola di dio che diede l’energia per ricostruire. Da dove ripartire? Dalla speranza come voglia di ricostruire: con l’aiuto del signore e della solidarietà umana. E stata distrutta la chiesa di pietra ma non la chiesa viva. E come se ci fosse portata via la nostra storia. Quante gioie e dolori ogni pietra di ogni chiesa racchiudeva in se. Con l’aiuto d del signore le comunità riscriveranno nuove pagine di cultura e storia, ognuno pietra viva.
Celebriamo la veglia di Pentecoste, siamo un corpo formato da tante membra unite tra loro. Ogni membro cresce in modo da edificare se stesso nella carità. Forse stasera comprendiamo di più la bellezza del fare comunione nella molteplicità dei doni, perché la chiesa si costruisca come corpo visibile. La ricostruzione passa per la forza della comunione e il coraggio della missione. Pentecoste e l’antitesi di Babele, dove gli uomini parlavano la sola lingua dell’egoismo. Qui e bello vedere una sola chiesa, qui si rinnova il miracolo di Pentecoste, dove si trovavano popoli diversi, ma tutti udivano la stessa lingua, perché tutti parlavano la lingua dell’amore. Siamo incoraggiati ad aprirci alla missione nel ricordare i santi di casa nostra su strade diverse, partendo dalla stessa sorgente e animati dallo stesso ideale. Sono loro i protagonisti veri. Figure che hanno abitato le nostre città seminando l ‘amore del signore, lasciando una traccia indelebile che porta a Dio. Hanno camminato su strade diverse, animati da quel servizio che, da trent’anni, assume il volto del diaconato permanente: servire per edificare la civiltà dell’amore e della verità. Icona vivente, la bambina, Vittoria, estratta viva dalle macerie: un miracolo d’amore, un segno vivente di speranza perché i bambini sono il nostro presente e il nostro futuro. Guardando lei ci ricorderemo che le nostre comunità hanno un futuro, nel volto dei bambini che hanno subito il dramma ma possono sognare ancora, se circondati dall’affetto di tutti noi. E’ il segno della speranza che invochiamo come dono dello spirito.