Un incontro con un importante e autorevole testimone di pace: domani, il cardinale di Bangui (Repubblica Centrafricana), Dieudonné Nzapalainga, sarà a Modena per un incontro pubblico a partire dal suo recente volume La mia lotta per la pace. A mani nude contro la guerra in Centrafrica (Libreria Editrice Vaticana).
L’appuntamento, promosso dal Centro missionario diocesano e dalla Libreria Editrice Vaticana, si tiene oggi, lunedì 23 maggio, nella parrocchia della Madonnina (via Alvarado, 19) alle 21; alle 19 il cardinale celebra la Messa.
Il libro del cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, è una testimonianza viva e convincente di come lo spirito della fraternità evangelica può alimentare la ricerca della pace e della convivenza tra persone di fedi religiose diverse in un contesto di conflitto, quello del Centrafrica, dove Papa Francesco – che lo avrebbe poi creato cardinale l’anno seguente – aprì il Giubileo nel 2015.
La mia lotta per la pace è il racconto di un’esperienza davvero singolare: figlio di una coppia mista (padre cattolico, madre anabattista, tra l’altro diaconessa), il giovane Dieudonné sente ben presto la vocazione alla vita religiosa. Mandato in Francia per gli studi, scopre la povertà che si annida anche nelle grandi metropoli europee e inizia ad accogliere senzatetto nella propria comunità. Impegnato con ragazzi difficili a Marsiglia, ritorna poi in patria come superiore del proprio istituto per poi essere nominato arcivescovo di Bangui da Benedetto XVI nel 2012, in un momento in cui la diocesi versava in una grave crisi interna. Inizia così una non facile opera di ricucitura delle relazioni all’interno della diocesi. Ma è soprattutto nel 2013 – anno in cui scoppia la guerra civile in Centrafrica, nella quale cristianesimo e islam vengono strumentalizzati per mettere la gente l’una contro l’altra – che Nzapalainga prende l’iniziativa: insieme all’imam Omar Kobine Layama e al pastore protestante Nicolas Guerekoyame-Gbangou dà vita alla Piattaforma delle confessioni religiose che opera attivamente, villaggio per villaggio, per favorire il dialogo e l’incontro, per ricomporre i conflitti, per non far prevalere lo spirito di vendetta. Una pratica forgiata in un metodo preciso fatto di incontri pubblici, di narrazione dell’accaduto e di dialogo che ha permesso al Paese, attraversato da diversi cambi di regime, di non precipitare in maniera definitiva nella spirale di una guerra infinita.
Durante gli anni del conflitto civile, Nzapalainga dà prova in varie occasioni di un coraggio fuori dal comune: ferma alcuni miliziani che stanno uccidendo a coltellate un padre di famiglia musulmano, va a recuperare personalmente i cadaveri delle vittime negli scontri laddove nessuno vuole andare per paura, denuncia davanti alle autorità pubbliche attacchi contro la popolazione inerme, si fa arrestare in solidarietà con il pastore Nicolas, subisce varie e ripetute minacce di morte perché rappresenta un argine alla violenza.
Come scrive Andrea Riccardi nella prefazione, «il cardinale Nzapalainga ha lottato a mani nude contro la guerra tra fratelli, per evitare i pericoli che venivano dall’esterno, ma ha anche stretto le mani degli altri leader religiosi per propiziare la pace. Egli mostra che, anche nelle situazioni più difficili, la pace e il dialogo sono possibili, se si trovano uomini e donne capaci di rischiare per essi e di investire nell’incontro».