«Un anno solo non basta per riflettere sulla parrocchia»: così, sabato mattina al Centro Famiglia di Nazareth, il Vescovo, nelle conclusioni della Tre Giorni diocesana Parrocchia 2.0, ha sottolineato che la riflessione proseguirà, ispirata dallo stile di annuncio e dialogo enunciato dalla Gaudium et Spes. «Nell’anno che si sta concludendo, abbiamo puntato i riflettori sull’identità della comunità parrocchiale, concentrandoci sulla Parola di Dio, i Sacramenti, la fraternità – ha spiegato Castellucci – Abbiamo anche lasciato emergere le malattie che affliggono le parrocchie e pensato a una pastorale più dinamica». A tal fine, è necessario interrogarsi su cosa significhi «essere parrocchia oggi, inseriti in questo mondo», con la consapevolezza che «le parrocchie stanno già facendo molto, spesso più di altri e alcune volte al di sopra delle loro possibilità». I quattro orizzonti di Parrocchia 2.0 – migrazioni, fragilità, sport e oratori, lavoro – sono altrettante sfide da raccogliere. «Noi intendiamo farlo, per verificare l’impatto che hanno sull’identità delle nostre comunità parrocchiali», ha detto il Vescovo, ripercorrendo le conclusioni dei lavori di gruppo di giovedì sera e ringraziando in particolare il vicario generale don Giuliano Gazzetti, il vicario per la pastorale don Federico Pigoni, il sacerdote e teologo barese don Antonio Ruccia – intervenuto mercoledì all’apertura della Tre Giorni – i biblisti don Claudio Arletti e don Giacomo Violi, oltre a coloro che hanno introdotto e moderato i gruppi.
Per ciò che concerne il mondo dello sport e degli oratori, Castellucci ha citato il recente documento del Dicastero per i laici, Dare il meglio di sé, una guida nella «agorà» dello sport. Il vescovo ha quindi ricordato il convegno Chiesa–sport–cultura, organizzato dalla Consulta diocesana guidata da don Paolo Boschini, che ha coinvolto Csi, Acli, Pgs e Anspi in un percorso formativo, oltre alle nomine, in quest’anno pastorale, del nuovo assistente Csi don Carlo Bertacchini – che suberntra a don Gianni Gherardi – e del delegato per lo sport don Andrea Casolari.
Sull’orizzonte delle migrazioni, il Vescovo ha sottolineato come «noi ammiriamo giustamente i missionari ad gentes, ma quando le gentes vengono da noi, non siamo sempre in grado di essere missionari», elogiando l’impegno di molte parrocchie per l’accoglienza. Il lavoro, a volte trascurato, deve essere valorizzato perchè «entra nel cuore stesso della comunità cristiana attraverso la porta dell’Eucaristia, che è la sorgente e il culmine della comunità stessa». L’accompagnamento delle fragilità, del lutto e della sofferenza, vede la diocesi impegnata a formare persone idonee al «ministero della consolazione». «Speriamo di mettere sotto la protezione di San Geminiano il primo gruppo di “ministri della consolazione” – ha spiegato il Vescovo – istituendolo nel gennaio 2019, sulla base delle domande che perverranno da parte dei parroci e degli assistenti di associazioni e movimenti». Accennando alle numerose lettere ricevute nel corso degli anni, spesso riguardanti problemi interni, Castellucci ha aggiunto: «Mi piacerebbe che ogni tanto arrivasse qualche lettera impegnata, con la stessa passione, nell’affrontare problemi ad extra, legati alla missione e alla testimonianza», ricordando la vocazione dei cristiani all’apostolato, in virtù della quale «non possiamo chiuderci nel cerchio delle nostre attività, quasi che i problemi del mondo debbano rimanere fuori dalla celebrazione eucaristica, dalla catechesi e dalla vita fraterna di una comunità».
In allegato la relazione finale presentata sabato mattina dall’Arcivescovo di Modena-Nonantola, Mons. Erio Castellucci
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Di seguito alcuni scatti della Tre Giorni diocesana