Il restauro del polittico di Michele di Matteo Lambertini, presentato sabato 26 maggio presso la Sala verde del Palazzo abbaziale di Nonantola da Jacopo Ferrari, curatore del museo, Federico Angelini, storico dell’arte della Soprintendenza e dalla restauratrice Barbara Pettazzoni, è un esempio di come la destinazione dell’8 per mille alla Chiesa cattolica contribuisca alla valorizzazione del patrimonio storico–artistico del territorio. Anche perchè i beni culturali ecclesiastici costituiscono un tassello importantissimo di questo patrimonio, come sa chi conosce la storia della committenza artistica.
Commissionato nel 1436 dall’ultimo abate regolare del monastero, il bolognese Gian Galeazzo Pepoli, il polittico giunse a Nonantola solo nel 1460, quando era già abate commendatario Gurone d’Este e reca pertanto lo stemma di entrambi.
Costituì la pala dell’altare dell’abside centrale fino agli ultimi decenni del XVI secolo, quando fu sostituito dall’arca marmorea di San Silvestro. Nei secoli successivi il polittico subì diverse sistemazioni, fino al 2001 quando venne definitivamente esposto nel neonato Museo benedettino e diocesano d’arte sacra.
Autore dell’opera, come dicevamo, è Michele di Matteo Lambertini, pittore documentato a Bologna a partire dal 1410: formatosi secondo i modi di Giovanni da Modena, se ne distinse apportando un rinnovamento dell’arte gotica locale, grazie ai contatti con l’ambiente veneziano.
Nel registro superiore del polittico, ai due lati della Crocifissione con Maria e san Giovanni evangelista, sono raffigurati san Giovanni Battista, san Michele Arcangelo, san Pietro, san Paolo, santa Lucia e sant’Anselmo, fondatore dell’abbazia; nel registro inferiore, ai lati della Madonna con il Bambino, si trovano altri santi tradizionalmente venerati nell’abbazia nonantolana: san Bernardo, san Senesio, san Silvestro I,sant’ Adriano III, san Benedetto e santa Scolastica. Il polittico era già stato restaurato nel 2001, ma aveva subito ingenti danni a seguito delle scosse di terremoto del 2012, che avevano messo fuori uso il sistema di controllo dell’umidità della teca in cui era conservato. Il repentino sbalzo dei valori di umidità aveva causato numerosi sparsi sollevamenti di colore e un processo di perdita di adesione della pellicola pittorica alla preparazione, con il rischio di cadute di colore, mentre la superficie era offuscata da muffe diffuse, vernici alterate e depositi di polveri incoerenti.
Grazie al contributo di 13mila euro che la Conferenza Episcopale Italiana ha elargito tramite i fondi dell’8 per mille, è stato messo in opera un intervento di restauro che ha previsto la rimozione delle muffe, il consolidamento della pellicola pittorica, la revisione della stabilità delle tavole di cui è composto il polittico, la pulitura dell’opera, con la rimozione dei depositi superficiali e delle vernici recenti. Il polittico ha quindi ricevuto un trattamento di disinfestazione per eliminare eventuali tarli e insetti nocivi.
Dopo questi interventi di salvaguardia, è avvenuta la fase più delicata, ossia l’integrazione pittorica delle numerose lacune lasciate in evidenza dall’ultimo restauro effettuato nel 2001 e che impedivano una corretta visione d’insieme dell’opera. Questo passaggio è stato effettuato con grande cautela e rispetto della pittura originale. Infatti, le vicissitudini dei secoli scorsi hanno causato al polittico danni in parte irreparabili, le cui «cicatrici», prima del restauro, erano molto evidenti. Grazie alla maestria dei restauratori e alla sinergia tra Ufficio diocesano beni culturali, museo diocesano e Soprintendenza, l’impresa è andata a buon fine e, da sabato della settimana scorsa, il polittico è nuovamente esposto al pubblico in un allestimento pensato per dare maggiore sicurezza e stabilità all’opera e un’esperienza estetica di rara bellezza ai visitatori.